La leggenda della Bella Antonella ed il segreto per realizzare i sogni d’amore (Antonella Giroldini)

Esiste una antica leggenda per gli innamorati, a Salerno: si tratta della storia della bella Antonella e della fontana in via San Benedetto, accanto al palazzo che ospita il Museo Archeologico Provinciale. Non tutti conoscono la vicenda d’amore di Antonella, una delle damigelle della regina Margherita di Durazzo, e il nobile Raimondo. La regina, rifugiatasi a Salerno dopo l’uccisione del marito Carlo III, aveva ricostruito parte del Castel Terracena e ne aveva fatto la sua dimora. Un giorno il figlio di Margherita, Ladislao, di ritorno dalla guerra, si fermò a salutare la madre, insieme a numerosi guerrieri, tra cui vi era Raimondo. Nei pressi della fontana accanto al Palazzo, i due giovani si innamorarono perdutamente, ma una damigella invidiosa avvertì Ladislao dell’accaduto. Poichè Antonella era ragazza umile non risultava “degna” di Raimondo, agli occhi del figlio della regina. Antonella fu, così, rinchiusa nel vicino monastero di San Michele, mentre Raimondo fu inviato in guerra. Dopo due anni, il re, per premiare il valore dimostrato da Raimondo, gli diede il permesso di convolare a nozze con la sua amata Antonella.

2

 

Nell’anno 1412, durante una terribile epidemia di peste, intanto, la regina si ammalò. Il figlio accorse al suo capezzale accompagnato da Raimondo e dalla sua sposa: Margherita nel vederla la accusò di non essere Antonella ma la sua perfida gemella Vanna che si era a lei sostituita per sposare Raimondo. Svelò che Antonella, invece, si trovava, anch’essa moribonda nella stanza contigua a quella della regina. Raimondo riuscì appena in tempo per rivedere la sua amata che spirò tra le sue braccia. Il povero Raimondo, spogliatosi di tutti i suoi averi, si rivestì con un saio e iniziò a vagare per la città e poi tra i monti e le valli circostanti alla ricerca della sua amata, perdendo il senno. Accanto ai resti del castello c’è ancora la fontana presso la quale s’incontrarono la prima volta i due sventurati giovani: secondo la leggenda, se una ragazza, nel mese di agosto, dopo essersi bagnata le labbra e aver sussurrato la formula (Anima della fontanella di Margherita, La regina bella, caccia le lacrime di Antonella, tradita dall’infame gemella), vedesse arrestarsi il getto d’acqua e dopo poco cadere solo sei gocce (le lacrime di Antonella ndr),  le basterà raccoglierle e conservarle per veder avverato il suo sogno d’amore. Provare per credere.

 

FILACCIANO (Antonella Giroldini)

Filacciano, nella valle del Tevere in provincia di Roma, è un piccolissimo borgo di poco più di 500 abitanti con una struttura urbana inconsueta, un piccolo scrigno nel cui centro storico spiccano maestosi e severi palazzi storici. Il borgo, di epoca medioevale, è nato attorno al suo castello, digradando verso il Tevere, che scorre immobile e silenzioso tra rivali lungo i quali si ergono salici e pioppi nani. I suoi vicoli e le stradine dell’abitato si inerpicano fino alla sommità del basso colle, con le case ed i palazzi ordinati, con i loro androni curiosi e riservati. Nel borgo, oltre una porta c’è la parte più recente, quello del XVI-XVII secolo, con edifici bassi e allineati, traversati dalla strada che conduce alla scenografica e rettangolare piazza.

La nascita di Filacciano risale al periodo romano; lo stesso toponimo dovrebbe derivare dall’imperatore Felicianus, che vi fece costruire un primo Castrum, sui resti del quale successivamente fu edificato l’attuale castello. In epoca medioevale il borgo-fortezza finì tra i possedimenti della potente Abbazia di Farfa, passando poi per le mani di diverse famiglie nobiliari fino a quando, nell’ottocento, dopo la scomparsa del feudalesimo arrivarono i principi Del Drago che ne possiedono tutt’ora il castello.

 

 

Culti afrobrasiliani : il condomblè (Antonella Giroldini)

Il condomblè è la più ortodossa delle religioni importate dall’Africa dalle popolazioni nago, yoruba e jeje. ” Condomblè” è una parola africana che indica un tipo di danza in onore degli dei , ed è un termine generico utilizzato per indicare il concetto di religione. I rituali afrobrasiliani sono officiati da un pai de santo o da una mae de santo e praticati in una casa de santo. Le cerimonie si svolgono in lingua yoruba. La religione si basa sugli orixas ( spiriti o divinità).

CETONA (Antonella Giroldini)

Bandiera Arancione del TCI. Alle pendici dell’omonimo monte, di fondazione etrusca, è prezioso borgo medievale. Nella Collegiata notevoli affreschi quattrocenteschi. Nel Museo civico per la preistoria del monte Cetona sono documentate le fasi del popolamento del territorio dal Paleolitico all’età del Bronzo.

La cucina di Zanzibar

……  In un isola dalle molteplici etnie, sulla rotta marittima asiatica, anche la cucina riflette ovviamente i suoi vari aspetti.A Zanzibar è possibile degustare specialità arabe, indiane, cinesi, swahili, nonché europee.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA
OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Tra le specialità zanzibarine assaggiamo: il “Wali wa nazi”, del riso bollito nel latte di cocco. Vi è anche il frutto dell’albero del pane chiamato “Mashelisheli Ia nazi”; gli spiedini di carne chiamati “Mishaki Ua Niama” vengono cotti al momento su vacillanti barbecue. Tra i contorni, una specialità da non perdere è la “Mchica”, una varietà di spinaci dal forte sapore. Il pane locale è chiamato “Mkate” ed è molto buono, e si trovano anche le classiche “Chapati”, delle piccole focacce di origine indiana. Tra i dolci sono da provare i “Tambi”, realizzati a base di zucchero; i “Visheti”, preparati con farina, zucchero ed olio di cocco; i “Vipopoo”, delle simpatiche palline di farina e zucchero. Sull’isola sono presenti moltissime qualità di frutta, tutte a buon mercato. Tra le più saporite citiamo meloni, ananas, arance, papaye, 24 differenti tipi di manghi, 26 differenti tipi di banane (da provare quelle con la buccia rossa, acquistabili al mercato), passion fruits, bunghi (un dolcissimo frutto locale), mangostini, uva, mandarini molto saporiti. Vi sono poi i lychees, un frutto buonissimo, trasparente, i durian, le ciliege tropicali, i lime, i limoni, gli avogadi, le prugne indiane, i melograni, le mandorle indiane, gli star fruits, chiamati “carambol”, le star apple, gli aspri frutti del tamarindo, le mele malesi, i frutti dell’albero del pane, mangiabili cotti. Un discorso a parte meritano i cocchi, abbondantissimi, dal basso costo, nutrienti e dissetanti.