Progettato intorno al 1839 dall’architetto veneto Giuseppe Jappelli, il complesso della Serra Moresca di Villa Torlonia torna alla sua originaria bellezza dopo due fasi di restauro. La prima, tra il 2007 e il 2013, ha riguardato il recupero dell’edificio da una condizione di fortissimo degrado, con un ripristino fedele dell’assetto originario, sia nella parte strutturale che in quella decorativa. Nella seconda fase, da poco conclusa, oltre a ulteriori interventi conservativi sulla Serra, si è invece provveduto all’allestimento e messa in esercizio dell’intero complesso come spazio museale. Progettati dall’architetto Maria Cristina Tullio, questi ultimi lavori sono stati effettuati sotto la direzione tecnico-scientifica della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed eseguiti da Zètema Progetto Cultura.
Basato su uno studio accurato della documentazione grafica e fotografica e sulle descrizioni dei luoghi di Giuseppe Checchetelli, l’allestimento odierno della Serra Moresca ne mette in risalto le caratteristiche architettoniche originarie, di grande suggestione e rilevanza storica. La visita inizia dalla Serra, stupefacente padiglione da giardino con una struttura in peperino, ghisa e vetrate policrome che fanno da cornice alla fontana interna, oggi di nuovo attiva, e a una raccolta di Palme, Agavi, Ananas e Aloe, piante e specie arboree compatibili con la vocazione originaria dell’ambiente. Si prosegue attraverso la Grotta artificiale pensata come il luogo della Ninfa (Nymphae Loci), con i suoi resti splendidamente illuminati, le cascatelle e i laghetti dove oggi tornano a vivere ninfee e fiori di loto. È uno scenario storico naturalistico da ammirare lungo il percorso di visita insieme alla vista, dal basso, della Torre, imponente costruzione caratterizzata da ampie finestre con intelaiature in ghisa e vetri colorati che nascondono, all’interno, pareti riccamente decorate da stucchi policromi.
Inserito nel circuito dei Musei di Villa Torlonia, il complesso della Serra Moresca è aperto al pubblico da mercoledì 8 dicembre con un orario, in vigore fino al 31 marzo, che va dalle ore 10.00 alle ore 16.00, dal martedì alla domenica (chiusura il lunedì). A partire dal 1° aprile e fino al 30 settembre, l’orario di apertura è dalle 10.00 alle 19.00 con l’eccezione di luglio e agosto in cui il complesso rimane chiuso per ragioni climatiche.
Fare rafting immersi tra le correnti dei i torrenti emozionali
Citazione: “io ti sento passarmi nella schiena. La vita non è in rima per quello che ne so”.
Soundtrack – Ti sento – Luciano Ligabue
I Pesci sono molto a loro agio nel mondo dell’immaginario. La loro vita è scandita e sintonizzata con il mondo delle emozioni.
Tutto ciò che ha a che fare e che abita nel mondo della fantasia e dell’immaginario li fa sentire bene. Loro hanno spiccate sensazioni e vivono “sentendo”.
Dove si dirige un segno d’acqua, dolce, sensibile e sognatore?
Come l’acqua siete veloci, scorrete. Ma questa fluidità che vi contraddistingue è anche sinonimo di facile influenzabilità.
Scegliere un luogo dove andare in vacanza, per voi dei Pesci, può sembrare un’impresa!
Ed allora vi invito a guardarvi dentro e scegliere una meta in cui stare bene!
Per voi che siete governati dal mistico Nettuno, ho pensato al Il lago D’Orta che potrà essere fonte di ispirazione e serenità allo stesso tempo. Ameno e Orta San Giulio saranno luoghi che sapranno restituirvi l’incanto del silenzio e la gioia delle piccole cose.
Siete pronti a viaggiare come il nostro amico Pesci?
Vi divertirete a gironzolare tra i paesi adagiati lungo il perimetro del Lago e ad ascoltare le voci nei vicoli, ammirare la pienezza della vita di paese, perdersi camminando tra piazzette e botteghe.
Come vi trovereste a viaggiare perdendovi nel romanticismo del lungo lago ed apprezzare lo scorrere lento della vita e l’ispirazione malinconica e inspiegabile che solo il lago sa trasmettere? E magari sognare seduti su una panchina fronte lago, tra le pagine di Gianni Rodari, Italo Calvino e Gabriele Salvatores?
Il GRA non è una strada come le altre. “È la spina dorsale di un territorio in perenne fermento, un vulcano attivo che produce la sua lava, fatta d’identità perdute e riconquistate, territori strappati, luoghi in attesa, domande inevase e qualche mistero …”
Voglia di viaggiare tanta ma freno a mano ancora un po’ tirato ed allora che fare? Lanciarsi in quello che offre il territorio di prossimità e farne un’avventura!
Pensando alla massima di Marcel Proust : “ viaggiare non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”, ho scelto questo libro di cui ti parlerò in chiave Travel Coaching.
Questo libro ci suggerisce un modo nuovo di procedere lungo le strade conosciute, un po’ come fanno i nostri protagonisti, percorrendo il GRA. Del resto loro stessi all’interno del testo ci spiegano in questo modo il titolo evocativo: “Il titolo Sacro romano GRA allude alla ricerca cavalleresca di un elemento numinoso e trascendente. Talismano di un altro mondo (sacro significa anche separato)”
Cosa puoi scoprire del tuo territorio cambiando modalità?
Mi piace l’idea alla base di questo libro di mettere in primo piano e prestare attenzione al GRA, il Grande Raccordo Anulare, 70 chilometri della più lunga autostrada urbana d’Italia, luogo mai riconosciuto come protagonista dello sviluppo della Capitale, ma che più di ogni altro ne riassume i caratteri e la complessità.
Prima alcune domande di attivazione
C’è qualche luogo nella tua città che “bazzichi” quotidianamente ma non vedi? Ovvero un posto, una strada o semplicemente il percorso che quotidianamente ti porta da casa a lavoro che percorri in velocità ma non ti dai il tempo di vedere, gustare e vivere?
E se gli dedicassi tempo?
Se come in una caccia al tesoro “scovassi” i particolari, cosa potrebbero svelarti di te portandoli in primo piano?
Questo libro è il racconto di un viaggio a piedi e con altri mezzi (autobus, metropolitana, treno) alla scoperta del territorio lungo il Grande Raccordo Anulare. Il viaggio compiuto dai protagonisti è di 300 km, interrotto e ripreso con tappe di diversa durata (un giorno, una settimana, talvolta un mese), condotto con un unico unico must essere “pronti a ogni deviazione, abbiamo puntato sulla tendenza e lo smarrimento metodico”.
Il libro è la narrazione dell’incontro di strade antiche e nuove e del dialogo con le persone che abitano questi luoghi “dove l’antico si è annodato al contemporaneo e l’abbandonato è stato riciclato… metamorfosi perenni che non permettono alcuna definizione certa. Tutto cambia velocemente nei territori del Raccordo”.
Il camminare è anche questo parte fondamentale della narrazione e dell’esperienza. Il rallentare consente di scoprire la natura selvaggia e incontaminata, ma anche di scoprire con occhio nuovo quelli che solo apparentemente sembrano non-luoghi, e che invece visti da vicino, al ritmo lento di 4 km all’ora sono oasi, isole, storie, e persone. Anche senza conoscere Roma e i luoghi raccontati, il libro fa riflettere e fa venir voglia di vederle queste borgate e queste periferie, camminandoci dentro.
Ed è così che nella lettura ci avventuriamo nelle cave romane di tufo rosso che hanno ospitato carnevali ottocenteschi; il mondo lunare di Malagrotta, la più grande discarica d’Europa; la fattoria modello di Mussolini; i piccoli e grandi accampamenti; le tombe pop del Cimitero Laurentino; la guerra per le anguille sul Tevere; le vecchie borgate dei braccianti e le gigantesche architetture sociali; le transumanze dei pastori e le oasi equatoriali.
Quasi tutti i personaggi protagonisti dei racconti hanno rivelato una grande capacità di sperimentare e inventare, radicata nei luoghi in cui vivevano; per molti una scelta, per altri una necessità. Ma la differenza non è poi così netta.
Ed è così che ad esempio, lungo l’Appia Antica (prima tratto – Vis et Vitus) mentre si va verso il suburbio di oggi percorrendo la più bella via di ieri ci si imbatte in una freccia – “Gruppo Storico Romano” – Quando si arriva ci si trova nel castrum dei legionari, fra un nugolo di pertiche acuminate, elmi e loriche. Ci si trova nel quartier generale dell’archeologia sperimentale, come la chiamano i personaggi che l’hanno inventata, perché ricreano oggetti funzionanti e modi di vita dell’antica Roma, utilizzando direttamente le fonti dei classici, da Polibio a Tacito a Svetonio. E loro stessi ci svelano la loro attività: Facciamo anche escursioni mirate. L’ultima alla Cloaca Massima, forse la più bella fogna al mondo. Ricoperta di marmo accoglie egregiamente le copiose direzioni del centro storico”.
E proseguendo lungo il secondo tratto dell’Appia Antica, all’incrocio con il vicolo delle Sette Chiese, chiedendo informazioni a un benzinaio, i nostri “viaggiatori urbani” incappano in una specie di gabbiotto trasparente, una specie di stambugio dell’universale. Ci sono lucchetti per motorini, catene, cavi elettrici, grattugie, bicchieri. Tutto o quasi in copia unica, come un “abat – jour in stile alessandrino”, una stampa di “Roma desaparecida”. “Meno male c’ho sta passione dell’antiquariato del recente, che mi permette di arrotondare. Vendo anche in conto vendita e ho un magazzino all’aperto, qui dietro con le frasche, con la roba che non sente la pioggia: vasi, giocattoli di plastica, tubi di gomma. E ‘quasi tutto usato e garantito da me, ma qualcosa è nuovo: le biciclette inglesi che vengono dal catalogo con la raccolta punti della Q8 e qualche gioco ancora incartato, come lo Scarabeo o la dama portatile. Massimo mi racconta che a questa latitudine il lavoro è molto bello e interessante, perché l’incrocio è davvero importante… È bastardo con le sue precedenze per chi gira da sinistra. Di solito si rispetta l’Ardeatina, ma poi ti becca quello che viene diritto da via delle Sette Chiese, ch’è un po’ storta… ho testimoniato almeno in una quarantina d’incidenti, propendendo per il concorso di colpa. La sera dopo la chiusura, ci facciamo un campari soda o uno spritz, però con l’aperol. Gli amici portano qualcosa a turno e si ferma anche qualche automobilista. … Massimo, il benzinaio – trovarobe – testimone oculare seriale.
Nel viaggio in Travel coaching Rallentare, dis-orientarsi, fermarsi a parlare con gli sconosciuti, scoprire storie mai ascoltate è parte integrante del processo di metamorfosi del viaggiatore.
Questo libro ci suggerisce un modo nuovo di procedere lungo le strade conosciute, un po’ come fanno i nostri protagonisti, percorrendo il GRA. Del resto loro stessi all’interno del testo ci spiegano in questo modo il titolo evocativo: “Il titolo Sacro romano GRA allude alla ricerca cavalleresca di un elemento numinoso e trascendente. Talismano di un altro mondo (sacro significa anche separato)”.
Quanto siamo disposti a sperimentare questa ricerca del “separato”? di quello che è ancor sullo sfondo, per portarlo in piano?
Quanto siamo disposti a rischiare? Uscendo dal binario, dal tracciato, dal seminato per raggiungere quel che sembra a portata di mano, ovvio, scontato? Perché a volte raggiungere ciò che è a portata di mano può rivelarsi un’impresa ancora più ardua che quella di prendere un volo per andare altrove.
Siamo disposti ad affidarci all’istinto e riprendere, ricominciare, tentare di nuovo a scoprire quello che possono offrirci le strade “conosciute”?
E se anche noi procedessimo lentamente in macchina, contemplando quello che c’è fuori dal finestrino? E se in questa perlustrazione del “noto”, guardando e immaginando, ci permettessimo di fantasticare e di incuriosirci, fermandoci quando vediamo qualcosa che c’ispira, imboccando la prima uscita, cosa potremmo incontrare?
“appena fuori dal grande nastro d’asfalto, comincia un intreccio diabolico di capillari, sottopassi e strade che spesso finiscono contro un muro, oppure ti portano chilometri in fuori”.
E se la magia dell’altrove potessimo trovarla anche nel nostro quotidiano?
Seguendo fino in fondo il progetto di questo gruppo di lavoro ti suggerisco la visione del “documentario/film che è stato tratto dal libro stesso e che ha vinto a Venezia.
Magari già questa visione potrebbe evocare in te qualcosa e chissà che non risuoni in te la Metamorfosi , parola di antica memoria e che i nostri esploratori usano per sintetizzare la loro esperienza di viaggio metropolitano: “ Le terre del Raccordo, che abbiamo attraversato con la mappa della regione e la bussola del caso. Non sapremmo sintetizzarla se non tornando al vecchio Ovidio . L’Unica parola che ci viene in mente è metamorfosi, cambiamento: nulla muore nell’infinito mondo, credi a me, ma cambia faccia”. In questo viaggio, non nell’antichità, bensì nella contemporaneità, abbiamo sentito che queste categorie temporali si frantumavano e si ricostruivano, come le macerie del moderno e la prepotenza dell’antico. Siamo finiti dentro un pack di epoche ma anche di spazi contrastanti, in cui ogni lastrone cozza, si accosta, si sfalda o va alla deriva”.
Per concludere lascio a te due parole: meraviglia e tesoro.
Con l’augurio che gli occhi della meraviglia ti portino a trovare un tesoro anche nel tuo viaggio quotidiano.
Ti è piaciuto il libro?
Di tutte le informazioni che hai letto quali ti sono rimaste più impresse?
Quali hanno attivato in te il desiderio di scoprire terre conosciute?
Comincia da oggi ad esplorare il luogo che abiti e condividi con noi le tue scoperte sul gruppo facebook “Viaggiare in Travel Coaching”.
l’equilibrista che viaggia alla ricerca dell’evoluzione
Citazione: “ho fatto un patto. Sai, con le mie emozioni. Le lascio vivere e loro non mi fano fuori” Vasco Rossi – Manifesto futurista della nuova umanità .
Iniziamo il nostro viaggio con il segno dell’Acquario.
Un segno impegnato in un tiro fune tra due esigenze molto diverse tra loro: la necessità di evolvere da una parte e quella di autodisciplinarsi dall’altra.
Una mente innovativa al servizio sociale, che sfida le regole della consuetudine e del conformismo per essere pienamente sé stessa e permette al mondo sfruttare il suo potenziale. Un segno libero, indipendentemente e lontano dall’omologazione, capace di una forte caparbietà e che vive ragionando con la propria testa e combattendo per le proprie idee.
Dove sta la verità? Come si trova l’equilibrio? La risposta è semplice in teoria, sta nelle nuove regole: “io conosco” dice l’acquario.
E quale viaggio potrebbe intraprendere un segno che ha una visione del presente e del futuro diversa dal pensiero comune.
Al motto di: “SCANDIRE I PASSI CON I PENSIERI E PERDERSI NELLA BELLEZZA” … me lo immagino su e giù per i sentieri della Valle da Aosta per allontanarsi dagli altri e avvicinarsi a sé stesso!!!
E non dimeniamoci però della natura socievole di questo segno che grazie al suo spirito di condivisione può essere un’ottima guida per guida, che sorprenderà i suoi compagni di viaggio con una visione unica del paesaggio. Con l’acuta osservazione delle perle nascoste. Scarpe comode, se lo volete seguire. Dopo una giornata immersi nel silenzio ristoratore della natura, no stupitevi se terminerete la giornata ad un’allegra tavolata. L’Acquario non potrà che terminare la giornata con i suoi compagni di viaggio cenando con pappardelle al ragù di cinghiale, Tartiflette , fonduta valdostana e tanto Genepy.
E tu se dovessi immaginarti a viaggiare come un Acquario, te la sentiresti di affrontare un viaggio in solitaria? magari anche solo una giornata di trekking a contatto con la natura o ti immagini più propenso a guidare un gruppo per i sentieri di montagna?
Si narra che dopo la distruzione di Privernum romana una parte degli abitanti fuggiaschi si sia ritirata sul vicino colle “Castrum Crucis”, formando il primo nucleo odierno abitato di Roccasecca Dei Volsci. Nel 1125 nella Cronaca di Fossanova troviamo menzionato il castello di Roccasecca fra quelli sottomessi da Onorio II, le cui truppe la distrussero una prima volta. Appartenente poi alla famiglia Frangipane e nel secolo XIII passò ai potenti De Ceccano. Nel 1495 fu distrutta una seconda volta dai soldati di Carlo VIII. Nel 1536 i Conti vendettero Roccasecca ai Carafa, i quali dopo appena due anni la rivendettero ai Massimo. Dopo qualche secolo di relativa tranquillità, i Massimo vendettero Roccasecca nel 1761 al marchese Angelo Gabrielli, a cui restò fino alle generale soppressione dei feudi.
Le sue origini medioevali sono chiaramente impresse nel tessuto urbanistico, che segue la tradizione insediativa classica: strade strette e case ordinate di architettura povera mantengono alcune strutture ed elementi decorativi medievali (portali, cortili, cimase) addossate per formare uno schieramento difensivo compatto. Verso l’alto, il fulcro del paese è rappresentato dalla Piazza Umberto I nella quale sorgono le chiese e il Palazzo Signorile Feudale.
L’abbazia di Fossanova si trova nel comune di Priverno, 5 km a sud del centro urbano, ai confini con il comune di Sonnino, in provincia di Latina. L’abitato sito tutt’intorno ha l’aspetto di vicus e prende il nome da una cloaca che nei primi tempi del piccolo borgo era chiamata Fossa Nova. L’abbazia, figlia dell’abbazia di Altacomba e la cui costruzione durò dal 1163 al 1208, è un perfetto esempio di transizione dal romanico al gotico; l’interno è spoglio o quasi di affreschi (ne rimangono, alcuni brandelli sulle pareti) secondo l’austero stile dei monaci cistercensi. Raggiunse il massimo splendore durante tutto il XIII secolo, a partire dal secolo successivo comincerà un lento declino che terminerà nel XIX secolo con la trasformazione del complesso abbaziale in borgo rurale. Fu dapprima monastero benedettino e successivamente, per volere di Innocenzo II, fu concessa ai cistercensi che la edificarono nelle forme attuali.
l nucleo principale è costituito dalla Chiesa con il Chiostro su cui ruotano il Refettorio, la Sala Capitolare, l’Infermeria dei monaci e la Casa dell’Abate, dove morì San Tommaso d’Aquino nel 1274; ancora oggi in chiesa se ne conserva la semplice tomba vuota (il corpo fu trasferito dai domenicani a Tolosa alla fine del XIV secolo) composta da una lastra di marmo o travertino rettangolare. La chiesa abbaziale, dedicata a S. Maria, fu consacrata da Innocenzo III nel 1208; si presenta di una spettacolare e severa grandiosità; la facciata (che doveva essere preceduta da un portico) è semplice ma maestosa, con portale fortemente strombato. Il portale è poi costituito da un arco a sesto acuto nella cui lunetta è ripreso il motivo del rosone, mentre nella parte inferiore, un mosaico cosmatesco sostituisce un’iscrizione dedicata a Federico Barbarossa. Al di sopra del portale riccamente decorato, la sobria facciata è adornata da un grande rosone. Originariamente, esso era più piccolo: di questa precedente versione resta una traccia che sembra coronare l’attuale. Ventiquattro colonnine binate, sui cui capitelli si impostano archetti a sesto acuto, funzionano da armatura della vetrata intermessa. L’oculus ottagonale al centro del frontone è un rifacimento di uno originario che doveva essere simile a quello dell’abside. La possanza della facciata è accentuata dall’esposizione dei potenti contrafforti.
La struttura della chiesa, costruita interamente in travertino, è basilicale. Ha pianta cruciforme; il braccio longitudinale, che si sviluppa secondo un asse mediano è diviso in tre navateda sette pilastri congiunti da arcate a sesto acuto, poi è attraversato perpendicolarmente dal transetto. Le navate sono coperte da volte a crociera, all’incrocio fra la navata centrale ed il transetto sorge il tiburio o torre lanterna, a pianta ottagonale,ricostruito dopo che un fulmine lo distrusse nel 1595, elevato di due piani e sormontato dalla lanterna, che sostituiva il campanile. Le campane si suonavano nel sito del coro con funi che pendevano davanti l’altare maggiore. Lo spoglio interno esalta lo stile gotico-cistercense. La navata centrale, scandita nella prima parte da sette campate rettangolari, termina nel presbiterio e nell’abside che formano un unico corpo rettangolare. Il sistema dei sostegni è formato da massicci pilastri rettangolari. Le arcate che conducono dalla navata mediana a quelle laterali sono rette da semicolonne. Altre semicolonne pensili (cioè poste su una mensola a distanza dal suolo) salgono a portare gli archi trasversi della navata centrale. Nei due bracci, invece, sono ricavate quattro cappelline: dalle due alla sinistra dell’altare scende la scala con la quale i monaci dal dormitorio passavano direttamente in chiesa. Una cornice di semplice fattura, tipicamente borgognona, corre lungo i due lati della navata centrale a spezzare il verticalismo dell’ambiente. Il Chiostro era il luogo riservato al passeggio e alla meditazione dei frati ed intorno ad esso si sviluppavano i principali ambienti del monastero. Di particolare interesse è il lato antistante il Refettorio per le forme delle colonnine e per l’edicola costruita a protezione di un lavabo, la cui base riutilizza una pietra miliare dell’antica via Appia. Su un lato del Chiostro si apre la Sala Capitolare, uno degli ambienti più importanti del monastero, dove i monaci si riunivano ogni mattina per leggere un capitolo della Regola di S. Benedetto e per discutere delle questioni più importanti. La Sala è coperta da una doppia volta a crociera, che si appoggia a semipilastri a fascio addossati alle pareti e a due pilastri al centro. Il Refettorio, dove i monaci si riunivano per il pasto, è l’ambiente più vasto dopo la chiesa. Il tetto è sostenuto da cinque archi a sesto acuto; sulla parete destra si trova il pulpito, al quale si accede mediante una scalinata di pietra. A ridosso della porta d’ingresso vi è a destra un’apertura dalla quale le vivande venivano passate direttamente dalla cucina al refettorio. Subito fuori il nucleo principale si sviluppano l’Infermeria dei conversi (oggi sala per attività culturali), la Foresteria (sede del Museo Medievale), i resti di quello che fu l’Ospizio per i pellegrini, la Grangia e le Stalle.
Bella struttura sopra Roccasecca dei Volsci, domina due vallate. Ristorante pulito, personale cordiale, buon cibo e vino sincero. Pasta fatta in casa, gnocco fritto da gustare. Un antipasto tutto da gustareeeeeeeeeeee.
Il ristorante “il Baronetto” e il ristorante desiderato da tutte quelle persone che sono alla ricerca di cibi nostrani e genuini tipici dell’ Umbria .;il locale ha due sale particolari e molto riservate, oltre a saloni in stile settecentesco.
E grazie ad un gennaio clemente… ci godiamo una vista fantastica ed bel giardino….