SARCOFAGO ANTROPOIDE DI BTEHAMON (Antonella Giroldini)

DSC_1837Legno colorato e verniciato

Dimensioni: 35×120 cm

Terzo Periodo Intermedio, XXI dinastia ( 1070- 946 a. C. )

Provenienza: Tebe, Tomba TT 291, in seguito Collezione Drovetti, 1824

Fra gli elementi caratterizzanti del Terzo Periodo Intermedio (I millennio a.C.) vi sono sarcofagi riccamente ornati con pitture che sembrano rendere superflue le decorazioni parietali delle tombe stesse. I sarcofagi antropoidi di Butehamon , lo criba reale della necropoli, erano in tutto due , con l’aggiunta di un ” falso” collocato immediatamente al di sopra della mummia. La cassa esterna ha subito lievi danni, ma molte delle immagini che decorano sono riprodotte su quelle interna; in sostanza le decorazioni sui sarcofagi intendono imitare le fasciature delle mummie e riproducono testi sacri, in divinità in corteo, scene di vario genere.

La tonalità gialla diffusa sull’intera superficie, caratteristica della XXI dinastia  si deve all’applicazione di un’antica vernice. Su entrambe le casse, all’altezza della spalla sinistra è raffigurata la creazione del cosmo; Geb, la divinità maschile della terra , dalla pelle scura , è disteso sul terreno, con il fallo eretto, mentre la dea del cielo Nut, si piega su di lui . La differenza significativa tra la cassa esterna e interna è data dalla presenza, all’interno della prima, del grande pilastro djed di Osiride, mentre nel sarcofago interno troviamo la dea Nut.

Su tutti i coperchi delle casse Butehamon è raffigurato con una lunga parrucca ricadente in tre falde, secondo una foggia che abbiamo visto portata dalle donne, ma anche dagli whabti.  Sul coperchio della cassa interna inoltre il defunto è raffigurato con una barba intrecciata che termina arricciandosi e quindi fa riferimento al dio Osiride. Sempre sui coperchi della cassa interna la figura del del defunto porta simboli particolari: l’amuleto djed e l’amuleto tye, mentre due piume di struzzo sul “falso” coperchio della mummia. La faccia inferiore di entrambi i coperchi della cassa più interna è rivestita di intonaco bianco e coperta di formule ieratiche che fanno riferimento al rito dell'” Apertura della Bocca”.

FES (Antonella Giroldini)

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Terza città del Marocco per popolazione, conserva la sua secolare importanza politica e soprattutto una preminente influenza sulla cultura e sulle arti marocchine, anche per il tramite dell’antica università: prima capitale islamica del paese, continua a essere per molti versi la capitale spirituale e religiosa

Place des Alaouites è una vasta spianata sulla quale si l’accesso principale al Palazzo Reale. Bei giardini, delimitati da alte mura, la fiancheggiano sul lato occidentale.

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Il Palazzo Reale spicca nella grande piazza con le sue grandi porte dorate realizzate fra il 1969 e il 1971. Include svariati mechouar, un complesso di edifici di epoca diversa tra cui una medersa merinide, vasti giardini.

La Grande Rue des Merinides è il quartiere ebraico sorto dopo la fondazione di Fes. Bab Smarine , imponente porta a volte multiple ricostruita nel 1924, rappresenta il vero accesso al quartiere di Fes. Al di sotto, all’interno  di antichi silos merinidi, si tiene un mercato.

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Place Pecha el – Baghdadi, cinta da alte mura, costituisce la cerniera tra Fes el – Jedid e Fes el- Bali. La kasba en – Nouar, dei fiori, o kasbadei Filala , a nord – est della piazza, di fondazione almohade, trae nome dalle genti del Tafilalt sostenitrici del primo sovrano alouita, Moulay er Rachid. A pianta pressoché triangolare, è difesa da torri di guardia angolari e da bastioni tardo settecenteschi. Nelle mura che la circondano si apre la monumentale Bab ech- Chorfa, davanti quale si tiene un quotidiano mercato delle pulci.

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Fes el- Bali . l’itinerario si dipana nell’intreccio dei vicoli della medina, la cui intatta struttura  – in gran parte risalente al XII secolo- rispecchia la complessità di una città mussulmana nell’età d’oro dell’islam. Il variegato e brulicante universo di mestieri si anima sempre più avvicinandosi alla moschea Karouin, principale luogo santo e fulcro della cittadina. Per il giro ci vuole circa mezza giornata .

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Rabat ( Antonella Giroldini)

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Capitale politica e centro amministrativo del Marocco. Sorge sulla costa atlantica lungo la foce del’uadi Bou Regreg e forma un unico agglomerato urbano con Sala, sull’altra riva, cui è collegato da un ponte. Il compatto  nucleo storico è ancora cinto da mura fatte erigere dal grande sovrano almohade Yacoub el – Mansour.

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La parte moderna riflette l’impulso connaturato al ruolo svolto dalla città a partire dal 1912 e confermato dopo l’indipendenza nel 1956. Continuamente ampliata e abbellita, Rabat è venuta assumendo il peculiare aspetto di città capitale , con esigenze di monumentalità espresse soprattutto nelle aree intorno al Palazzo Reale, all’università , alla zona delle ambasciate e nei più lussuosi quartieri residenziali.

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Le mura  degli Almohadi, compiute quasi certamente nel 1197, scandite da cinque porte, si snodano per oltre 5 km cingendo la medina da 3 lati. Le mura fortificate  e rafforzate da torri, chiusero la medina sul lato meridionale, quattro secoli più tardi.

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Le mura della kasba risalgono in gran parte al XII secolo. Bab el – Oudaia, edificata in bella pietra da taglio rosso – ocra con funzioni più decorative che difensive , è una delle più notevoli realizzazioni dell’arte almhade. Ha dimensioni imponenti ma proporzioni armoniose , ed è ingentilita da una sobria decorazione all’interno; le pietre angolari, ravvivate da motivi floreali, incorniciano un’iscrizione in caratteri cufici, oggi poco leggibile.

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La torre Hassan, il più prestigioso monumento della città, avrebbe dovuto essere il minareto della grande moschea. Fu edificato al di fuori della cerchia urbana , con l’intento di farne il più importante santuario del mondo islamico.

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La torre è possente, quadrata, di 16,20 m di lato, con muri di spessore non inferiore ai 2,5 , alta 44 .

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Il Mausoleo di Mohammed V terminato nel 1971. è una delle più significate realizzazioni dell’arte marocchina moderna. Comprende la moschea , con facciata in pietra bionda aperta da una serie di arcate su un cortile interno e  il mausoleo vero e proprio, preceduto da due scalinate che conducono alla koubba monumentale in marmo bianco italiano.

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L’interno , coperto da cupola nervata in mogano scolpito e vetro colorato, custodisce i sarcofagi di Mohammed V, intagliato i n un blocco di onice pakistano, e del figlio Hassan II; in un angolo è la tomba dell’altro figlio .

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A fianco delle tombe dei monarchi un imam recita ininterrottamente preghiere impeccabili uomini della guardia reale presidiano l’edificio.

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Il Palazzo Reale, situato in fondo a un immenso mechouar recintato, sorge sul luogo della residenza reale fatta erigere alla fine del XVIII secolo e completamente rifatta nel 1864.

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L’attuale complesso include costruzioni moderne, una grande moschea e diversi edifici governativi

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PETRA (Antonella Giroldini)

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Unica al mondo per la sua bellezza e per le vestigia di varie epoche. Patrimonio dell’Unesco dal 1985 e riconosciuta nel 2007 come una delle nuove sette meraviglie del mondo, Petra, detta la città rosa, per le fantastiche sfumature della roccia, è uno dei siti più noti del vicino oriente e sicuramente la meta più ambita di ogni viaggio in Giordania. Qui si combinano l’opera magistrale dell’uomo con quella potente e imperiosa della natura, che se da una parte ha regalato a questo luogo l’aspetto incredibile e mutevole dei giochi policromi, dall’altro scatena gli agenti atmosferici in un lento e inesorabile lavorio di distruzione, che i ricercatori di oggi stanno cercando di rendere meno dannoso  possibile.

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Camminare lungo i percorsi seguiti dai mercanti carovanieri , percorrere la stretta gola che ha protetto per secoli la città di Petra  equivale a seguire un viaggio a ritroso nel tempo, per lasciarsi poi sorprendere dall’incanto improvviso di al – Khazmah, il monumento più importante della città, che apre la strada a centinaia di tombe, templi, abitazioni, acquedotti, cisterne, luoghi di culto , un teatro e una via colonnata.

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Si accede al sito archeologico attraverso un piccolo uadi dal paesaggio suggestivo, dove sostano in attesa cavalli e calessi.  Continuando a scendere lungo lo uadi si raggiunge la porta Siq, detta Bab as – Siq, che immette nella stretta gola d’accesso al sito. Dopo circa mezz’ora di cammino quasi all’improvviso la gola si apre sulla facciata rosa di al – Khaznah.

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 Al – Khaznah , conosciuto come il “tesoro del faraone” , deve il suo nome a un’antica tradizione secondo la quale , nella parte della tholos  centrale , un faraone avrebbe nascosto l’oro.  Questa è anche la ragione si notano numerosi colpi di fucile sparati .

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A ragione è considerato il monumento più suggestivo della città. Ciò si deve alla sua spettacolare posizione, ma anche alle straordinarie sfumature rosa   dell’arenaria che, all’alba e al tramonto, si accendono di tonalità che provocano sensazioni indescrivibili. Colpisce anche per l’armonia degli elementi della facciata, in stile ellenistico. Si compone di 3 ordini corinzi sovrapposti, decorati con colonne, rilievi e statue.

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Al – Khubthan : i monumenti di questa collina sono tra i più famosi di Petra e sarebbero stati scolpiti per volere di una famiglia reale nabatea. Gli scavi hanno rivelato in questa zona l’esistenza di una necropoli con tombe a fossa ( I secolo a. C.) su cui poi sono state realizzate, in epoca, successiva, alcune abitazioni. Le tombe reali , che si aggiungono dopo circa 5 minuti di salita, costituiscono un meraviglioso insieme di edifici dalla facciata scolpita, costruiti nel I – II secolo. Visti dal basso, in particolare dalla via colonnata, risultano spettacolari, soprattutto alla luce del pomeriggio. La scalinata dalla parte bassa raggiunge la tomba di Urna; le altre si trovano alla sinistra.

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Il gebel ad – Dayr: da non perdere, nonostante la fatica del percorso. Per raggiungere il monastero, infatti, si sale tra gole impressionanti e burroni vertiginosi, con improvvisi squarci panoramici sulla città bassa.

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L’ascesa dura circa 45 minuti ed è meglio affrontarla nel pomeriggio, quando il sole si abbassa e illumina la facciata del Dayr. Al culmine della salita si raggiunge Ad – Dayr, la grandiosa e imperiosa facciata del triclinium , la struttura ricorda quella di al – Khaznah, misura circa 50m di larghezza e 40 di altezza. Un’iscrizione lascia intendere che il monumento fosse consacrato a Obodas, alcuni archeologi lo riferiscono al regno di Rabel II. Da notare sulla facciata delle decorazioni , le colonne con capitelli nabatei e la semplicità del fregio con metope e triglifi. L’interno è costituito da una grande sala di 12 m di lato e 10 di h, sul cui fondo si trova una nicchia. Sul grande spiazzo antistante si svolgevano probabilmente importanti e imponenti funzioni religiose.

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DUE SFINGI (Antonella Giroldini)

DSC_1898Arenaria

Dimensioni: C. 1408: 135,6x95x296 cm;

C.1409:142X89X302,5 cm

Nuovo Regno: XIX -XX donastia (ca 1250 -1145 a.C. )

Provenienza: probabilmente Tempio di Khonsu, Karnak, in seguito Collezione Drovetti, 1824

La Sfinge egizia, dal corpo di leone con testa di uomo ( con o senza barba diritta), era una rappresentazione simbolica del faraone. Generalmente è raffigurata accovacciata, con un copricapo Nemes. Un viale fiancheggiato da sfingi spesso costituiva una via processionale che collegava i templi, soprattutto quelli dedicati a divinità solari come Amon – Ra, Ra – Harakhti ecc. A volte i viali con le sfingi servivano a collegare due cappelle.

Le Sfingi del Museo Torinese erano entrambe di notevoli dimensioni, lunghe circa tre metri, e presentano chiaramente i caratteri del periodo rammesside; hanno entrambe il viso largo con guance paffute, palpebre segnate e bocca piccola dalle labbra spesse. Sono caratteristici del periodo anche i solchi ai lati della bocca e i lobi  delle orecchie forati. L’ iscrizione non indica il nome del re, ma si ritiene che le sculture possano al regno di Ramesse III.

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CHEFCHAOUEN (Antonella Giroldini)

 

 

Situata a 600 km di altitudine ai piedi dei gebel Tisuga e Meggou, è una cittadina di bella atmosfera con i sapori andalusi e un passato di isolamento che ancora si respira, nonostante il crescente flusso turistico dell’Europa: prima del 1920, quando vi misero piede le truppe spagnole, solo tre infedeli l’avevano visitat. L’insediamento – per gioco di volumi, disposizione su più piani delle case dai muri bianchissimi coi tetti coperti di tegole brune – è uno dei più caratteristici della regione

 

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Los Lobos – Canarie – Parco naturale Islote de Lobos (Antonella Giroldini)

Tra l’isola di Lanzarote e quella di Fuerteventura sorge questo incantevole isolotto che si estende per circa 6 km.

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Trascorrervi solo sei ore con un escursione giornaliera è abbastanza riduttivo, ma è una meta privilegiata di moltissimi turisti alla ricerca di relax e bellezza.

Solitamente si raggiunge in traghetto partendo dal porto di Corralejo (Fuerteventura), Los Lobos è un’isoletta tipicamente vulcanica, dal terreno arido e dai caratteristici paesaggi rocciosi.

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Sbarcati al molo di Lobos dopo circa venti minuti di navigazione, iniziamo il tour dell’isola dirigendoci a sinistra, percorrendola cioè in senso orario. Quello che subito ci colpisce è la “dolcezza” del territorio in cui ci siamo immersi, quasi sensuale, un terreno color ocra punteggiato da cespuglietti rosa di soffice Limonium.

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Seguiamo la stradina sterrata delimitata ordinatamente da una fila ininterrotta di sassi con continui e “severi cartelli” che ti ricordano di non uscire dal sentiero. Apprezziamo, in tal modo, il privilegio che abbiamo nel poter osservare il territorio selvaggio e quasi intatto che questo sentiero ci consente di attraversare.

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Il primo incontro è con una spiaggia dall’acqua cristallina, “la Concha”, che per alcuni visitatori risulta irresistibile, si spogliano, e quando dico spogliano cercate di capire cosa intendo, ed entrano in acqua. Approfittiamo per allungare il passo è rimanere presto totalmente “soli”. Visitiamo le ex saline di Lobos, dalle forme geometriche ben definite, un po’ dispiaciuti di vederle in disuso.

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Passeggiando tra basse collinette ci troviamo di fronte un severo e solitario edificio posto sulla sommità di una collina che domina dall’alto una distesa d’acqua inquieta, siamo all’estremità nord dell’isola ed abbiamo camminato per circa 3,5km. Il Faro Martiño segnala la punta nord di Lobos, solitario, dal 1968, anno in cui l’ultimo guardiano vi trascorreva parte delle sue giornate (cerchiamo di immaginarcelo); una targa posta sull’edificio ci informa che Lobos ha dato i natali alla poetessa Josefina Pla, a noi sconosciuta e rappresentata come una “arcigna signora”.
Faccio ricerche in internet e trovo invece l’immagine di una bella signora di alta cultura che trasferitasi in Paraguay contribuì enormemente allo sviluppo culturale di quel paese.

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Ed in mezzo a tanta natura selvaggia e difficile vivono decine di specie vegetali diverse di notevole interesse. Non a caso l’isola viene oggi considerata un’autentica riserva naturale protetta (dal 1982 parco naturale), vero paradiso per gli appassionati di natura: flora, fauna e fondali marini sono un vero spettacolo anche agli occhi dei meno intenditori.

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I dintorni di Tangeri (Antonella Giroldini)

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Questa escursione permette di immergersi in un paesaggio di fitta macchia mediterranea cui si alternano splendidi panorami sulla costa atlantica e mediterranea, nonché sul prospicente litorale spagnolo sulla costa di Gibilterra, si raggiungono inoltre belle spiagge con buone attrezzature turistiche, a poca distanza da Tangeri.

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Il giro richiede un paio d’ore ed è particolarmente bello al tramonto, quando roccia e sabbia si animano di suggestivi effetti di luce.

A 18 km da Cap Spartel si volge a destra al km 13,5. Il promontorio è il capo Ampelusium dell’antichità.

Al km 18 si trovano le grotte di Ercole, cavità naturali invase dall’acqua con l’alta marea, che presentano tracce di frequentazione preistorica.

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