IL MIRACOLO DI BOLSENA (Antonella Giroldini)

Vuole una tradizione mai comprovata che il Duomo sia sorto per celebrare questo portento. Nel 1263 un prete boemo, Pietro da Praga, sulla strada di un pellegrinaggio a Roma, si fermò a Bolsena per dire messa. Le sue perplessità circa il mistero della transustanziazione – l’incarnazione del corpo di Cristo nell’ostia consacrata – vennero fugate dalle stille di sangue che all’ostia innalzata bagnarono il corporale e i santi lini liturgici. L’anno seguente per celebrare il prodigio una bolla papale istituiva per tutta la cristianità la festa del Corpus Domini e per conservare le reliquie venne deciso di erigere a Orvieto una chiesa degna di tanto miracolo. Nel 1337 la potente famiglia orvietana dei Monaldeschi commissionava all’orafo Ugolino di Vieri il reliquiario in oro, argenti e smalti e l’anno seguente veniva portato in processione per le vie della città inaugurando una tradizione che in occasione del Corpus Domini resta ancora oggi una delle principali attrattive folcloristiche.

La Gomera : cibo e bevande (Antonella Giroldini)

Il mercato bisettimanale di San Sebastian è un ottimo posto per scoprire i prodotti tipici di La Gomera. Le specialità locali sono il miel de palma ( miele di palma), uno sciroppo dolce preparato con la linfa della palma; l’almagrote, una pasta di formaggio di capra insaporita con peperoncino e pomodoro da spalmare su pane; e il queso gomero ( formaggio fresco di capra di La Gomera) , un formaggio fresco e cremoso preparato con il latte delle capre locali e servito con le insalate, come dessert o cotto alla griglia e marinato nel mojo, la famosa salsa delle Canarie che è un’altra specialità dell’isola.

Ci sono molti ottimi ristoranti dove assaggiare queste specialità. Il migliore, almeno secondo la gente del posto, è Casa Efigenia, un ristorante di campagna che è una vera istituzione locale in cui potrete assaggiare piatti come il potaje de berros ( zuppa di crescione) annaffiati con un bicchiere di vino bianco freddo di La Gomera.

Narni (Antonella Giroldini)

Sorge su uno sperone a dominio della gola del Nera e della conca ternana, in una posizione difesa naturalmente dagli aspri versanti che ne hanno anche inevitabilmente condizionato la forma e lo sviluppo urbano. Città di antichissima origine, Narni fu un nodo stradale di fondamentale importanza per il controllo della viabilità tra Roma e l’Adriatico. L’abitato di forma allungata, conserva tracce delle varie fasi formative, da quella umbra e romana del settore nord. , a quella medievale che ha vita ai terzieri di Fraporta e di Mezule. . La Rocca albornoziana, simbolo del potere papale, domina dal sommo l’intera città. L’importanza del ruolo territoriale ricoperto da Narni comportò anche assedi, saccheggi, devastazioni. La realizzazione dello scalo ferroviario favorirà la localizzazione di attività produttive, servizi e residenze, e permetterà di costruire a valle quello che a monte era impedito dall’accidentata morfologia dei luoghi. Il nuovo nucleo però rimarrà troppo distante per consentire al centro di avvalersi della vitalità di un’ immediata periferia

Castello di San Girolamo (Antonella Giroldini)

Il Castello di S.Girolamo, è un antico convento francescano fondato dal cardinale Berardo Eroli nel 1471, di cui oggi non rimane altro che la chiesa, la base del campanile e pochi altri elementi incorporati nell’odierna costruzione risalente al XIX secolo.

La chiesa è l’elemento più autentico della costruzione, il portale è originale e offre un disegno agile e armonico e sopra di esso, il rosone dell’800 ha coperto un brutto finestrone del ‘600. L’interno ad una sola navata prende ispirazione dal Duomo e nell’abside da S. Agostino. La volta a crociera è sostituita dalle nervature che si sviluppano dai pilastri multipli.

In fondo all’abside si trova una grande tela che ritrae San Girolamo, ispirata ad uno dei pannelli della predella del Ghirlandaio. L’ Incoronazione della Vergine del Ghirlandaio si trovava in questa chiesa; dopo essere stata conservata per anni al Palazzo comunale di Narni oggi è conservata nel Museo Eroli. Gli affreschi non sono più presenti: distaccati al momento dei restauri e riportati su tela, l’affresco dello Spagna: le stimmate di S.Francesco si trova nel Palazzo Comunale. Accanto c’è il chiostro dove le linee originali sono quasi scomparse completamente, però al centro puoi vedere il pozzo ed alcuni resti di costruzione antica riutilizzati, e le tracce degli archi del porticato.

Fabio Volo “A cosa servono i desideri” (Antonella Giroldini)

…. tra le pagine che ho trovato queste parole di Khalil Gibran:

La mia casa mi dice:” Non lasciarmi, perché qui dimora il passato”.  E la strada mi dice : Vieni e seguimi, perché sono il tuo futuro”.  E io dico alla casa e alla strada: “Non ho passato, non ho futuro. Se resto, c’è un andare nel mio rimanere; e se vado, c’è un restare nel mio andarmene. Solo l’amore e la morte mutano tutte le cose”.

Le cose magiche, le cose che stupiscono, che lasciano il segno accadano quasi sempre dalla nostra comfort zone.

“Una nave in porto è al sicuro, ma è per questo che le navi sono state costruite” (John A. Shedd)

“Porto con me le ferite di tutte le battaglie che ho evitato” (Fernando Pessoa)

Dovevo avere il coraggio di partire, andare nel mondo in cerca della mia famiglia, non quella biologica, quella elettiva.

“C’è un momento in cui la giovinezza si perde. E’ il momento in cui si perdono gli altri. Bisogna saperlo accettare. Ma è un momento duro”. (Albert Camus)

Lasciare gli affetti, allontanarmi dalle persone a cui ero legato era difficile, mi creava un disaggio profondo, che cresceva quando chi era intorno a me mi diceva: ” Chi ti credi di essere? Pensi di essere meglio di noi? “.

Il mio disagio mi faceva vergognare di me stesso , mettendomi in imbarazzo , perché pensavo nascondesse l’egoismo e la presunzione di chi crede che il mondo abbia in serbo per lui qualcosa di diverso dal destino che gli è toccato per nascita.

C’è voluto del tempo per capire che il mio disagio era una forma di amore vero, reale, verso la mia persona. C’è voluto del tempo per imparare che l’egoista non è chi ama se stesso ma chi si ” occupa” solo di se stesso.

Come lui, nemmeno io mi sono fatto frenare dall’amore per i miei genitori e per gli amici. Non era solo la rabbia o la voglia di un riscatto sociale a darmi coraggio, ma il desiderio di godere, amare, respirare la vita fino in fondo.

Dovevo lasciare andare anche gli ultimi ormeggi che mi tenevano legato a una vecchia idea di me. Dovevo solo diventare ciò che ero già, anche se non era del tutto chiaro ai miei occhi .

Una volta compiuto il grande passo, ho subito capito che avrei deluso quelli che avevo intorno perché stavo diventando una persona diversa, a loro sconosciuta, lontana dall’idea che avevano di me.

Deludere chi ci vuole bene è un passo difficile da sostenere , ma in quel momento era necessario.

Ero partito come un maratoneta che correva in compagnia dei suoi amici e dei suoi familiari . Mentre correvo avevo capito di avere una buona gamba e di poter andare più veloce. Avevo deciso di seguire la mia forza. Dopo un po’ di strada mi ero accorto di aver staccato il gruppo, mi ero girato e mi ero scoperto solo. Loro erano indietro, li vedevo ridere tutti insieme , e io ero solo con me stesso. Era accaduto quello che avevo sempre temuto: la solitudine si era impossessato di me.

” tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera. Bisogna conoscere se stessi. E anche se questo non servisse a trovare la verità, servirebbe almeno a regolare la propria vita; e non c’è niente di più giusto. (Blaise Pascal)

 

 

 

Montefalco (Antonella Giroldini)

Domina da un colle di 472 metri la pianura del Topino e del Clitunno la “patria” del Sagrantino, offrendo tutt’intorno dei panorami di straordinaria bellezza, tanto da meritarsi l’appellativo di “ringhiera dell’Umbria”. Per l’elevata qualità turistica oltre che ambientale, Montefalco è stata insignita della bandiera arancione del TCI.

 

La simbiosi di questa cittadina con il territorio che la circonda non è solo di natura estetica , per i caratteristici assi viari che dalla piazza circolare si protendono a stella verso la valle , ma anche economica e politica.

Si entra in città da porta S. Agostino, aperta nelle mura medievali, e imboccato corso Mameli, asse portante del borgo del Castellare, si raggiunge la rotonda piazza centrale. Da qui si può scendere per vicoli fino a S. Bartolomeo, per gettare uno sguardo verso il borgo più basso di S. Leonardo; via dei Vasari racconta ancora della produzione tipica locale di vasi e terraglie. Risaliti in piazza, si imbocca la via Ringhiera Umbra, asse del Rione di Colle Mora, dove la chiesa di S. Francesco è l’elemento saliente della visita. Da porta della Rocca si può godere uno splendido panorama verso la valle del Topino e la Piana di Clitunno. Il viale Matteotti costeggia le mura medioevali che fanno la guida fino al borgo di S. Leonardo, concluso da porta Spoleto. A quasi un km e mezzofuori porta, lungo viale Marconi, si visita la Chiesa di S. Fortunato.

 

Contigliano (Antonella Giroldini)

Il paese di Contigliano domina da un colle la parte terminale della valle Cupa ed è ubicato tra i monti Sabini e la valle reatina.
L’antico nome di Contigliano deriva dalla villa di Marco Fabio Quintiliano, famoso oratore e retore del I sec. d.C., amico e consigliere di Marco Flavio Vespasiano, originario della Sabina. Quando l’oratore si ritirò dal pubblico insegnamento visse nel proprio ager Quintilianus che si popolò di case, costituendo un primo nucleo di abitazioni.

Del 1157 è il primo ricordo di un centro fortificato denominato castrum Quintilianum. Il castrum dipendeva da Rieti che esercitava il controllo per la sua posizione strategica. Nel 1501 vi fu l’attacco del cavaliere Vitellozzo Vitelli che capitanava una schiera di soldati d’avventura, mentre si recava verso L’Aquila, al servizio di Cesare Borgia. Il condottiero attaccò Contigliano poichè la città gli aveva negato le vettovaglie per il suo esercito e perchè una donna lo aveva colpito con una grossa pietra ferendolo leggermente.
Il paese chiuso tra Porta dei Santi (con portale originale) e Porta Codarda conserva ancora l’antico nucleo circondato in parte da Mura Medioevali in parte da case serrate tra loro come a volerlo difendere.
I numerosi palazzi cinquecenteschi e seicenteschi gli conferiscono un aspetto statuario ed austero.
Contigliano Alta è ricca di viuzze e di gradinate, che con un alternarsi di archi e di scalette giungono nella parte più alta caratterizzata dall’imponente struttura della Collegiata di S. Michele Arcangelo, iniziata per volontà delle famiglie locali nel 1683 e portata a termine del 1747. La chiesa è caratterizzata da una navata unica sulla quale si aprono quattro cappelle laterali, numerosi sono gli affreschi e i dipinti del XVII e XVIII sec., tra i quali l’Arcangelo Gabriele del reatino Filippo Zucchetti (1710), la Caduta di Simon Mago del romano Francesco Ricci (1764). All’interno si può osservare il coro e l’organo ligneo del XVIII sec. intagliato da Venanzio di Nanzio di Pescocostanzo.
Nella zona a nord del paese sono i ruderi della Chiesa di S. Giovanni luogo suggestivo dal quale si ammira il paesaggio della conca reatina, a ridosso della quale  il paese nel corso della storia si è sviluppato. Il luogo più antico è costituito dai resti della Chiesa di S. Lorenzo che sorge al di fuori della città in aperta campagna, mentre sulla strada per Greccio si nota l’imponente struttura dell’Abbazia Cistercense di S. Pastore fondata nel 1255 come attestavano due lapidi oggi non più in loco. L’Abbazia ricoprì un ruolo fondamentale tra il XIII e XIV sec. ma ben presto iniziò la parabola discendente che la portò alla rovina dei suoi beni terreni e architettonici. Dalla chiesa a forma di croce latina divisa in tre navate si manifesta la semplicità e la linearità dell’arte cistercense; sul chiostro si affacciano gli ambienti più importanti per la vita monastica: la sacrestia, la splendida aula capitolare, caratterizzata da una doppia volta a crociera costolonata e il parlatorio. Al di sopra si sviluppa l’appartamento commendatario dove, ancora oggi, sono visibili, in parte, gli affreschi.
Contigliano fu caro al famoso Baritono Mattia Battistini che fece costruire una villa ed una tomba gentilizia, dove oggi riposano le sue spoglie e quelle della consorte, in località Collebaccaro (frazione di Contigliano). Il baritono nato a Roma nel 1856 seppe farsi amare per le sue doti vocali e per l’eleganza con la quale interpretava i suoi personaggi. Fu ammirato in molti teatri d’Europa ma soprattutto in Russia. Con la città di San Pietroburgo è stato formalizzato un gemellaggio per ricordare, con convegni e spettacoli, il baritono.

Tenuta di Corbara (Antonella Giroldini)

 

Antica proprietà dei Conti Montemarte, la Tenuta di Corbara è oggi un elegante agriturismo in stile albergo diffuso nel cuore dell’Umbria a pochi chilometri da Todi, Orvieto, Assisi e Spoleto e distante solo 1 ora da Roma.
Il territorio su cui oggi si estende la Tenuta, e la vasta azienda agricola che ne è parte integrante, è di circa 1.100 ettari mentre la struttura, unica per la sua composizione e tra le più belle dell’Umbria per la sua posizione,  è composta da 6 casali in pietra (alcuni dotati di piscina). Il fulcro centrale è il Podere Il Caio dove è situato l’ampio ed elegante ristorante, mentre tutti intorno sorgono gli altri casali caratterizzati da un attento lavoro di restauro che coniuga l’originario spirito contadino con raffinatezza ed eleganza.
Immersa in una secolare vegetazione, circondata da vigneti, uliveti e terreni coltivati la Tenuta di Corbara mette a disposizione dei suoi ospiti  un grandioso territorio tutto da scoprire , assaporare, esplorare ed eccellenze quali olio, vino, miele.
Un luogo straordinario dove regnano armonia e tranquillità, lontano dai rumori e dallo stress quotidiano, che permetterà di ritrovare il benessere

Sei casali in pietra e le stanze del Caio e del Podere Ponticello, 1 ristorante in grado di ospitare fino a 180 persone, 3 piscine, un porto romano  (sito archeologico sotto l’egida dei Beni Culturali), 140 ettari di terreno dedicati ai vigneti, oltre 3000 alberi di olivo: questi sono alcuni dei numeri che caratterizzano la Tenuta di Corbara.

Atmosfere calde, ambienti accoglienti, raffinata cucina umbra e la bellezza mozzafiato degli scenari naturali ai quali è possibile aggiungere attività sportive (mountain bike, percorsi di trekking, gite a cavallo), corsi di ceramica e cucina, indimenticabili passeggiate nelle città d’arte vicine (Orvieto, Todi, Civita di Bagnoregio), visite alle cantine e al piccolo bioparco.
Un’ospitalità unica, di antica tradizione, dove si intrecciano con sapiente maestria natura, storia, arte e gastronomia. Un’esperienza straordinaria in una cornice suggestiva, tutta da vivere ed assaporare.

ssere e il buon umore e riscoprire il contatto con la natura