Elias Canetti ” le voci di Marrakech”

..c’è aroma nei suk, e freschezza, e varietà di colori. L’odore, che è sempre piacevole, cambia a poco a poco secondo la natura delle merci. Non esistono nomi, ne insegne, e neppure vetrine. Tutto ciò che vi vende è in esposizione. Non si sa mai quanto costeranno gli oggetti, ne essi hanno infilzati i cartellini  dei prezzi, ne i prezzi sono fissi…

….i suoi costumi mi erano estranei come la sua gente . A ciascuno capita di imparare nel corso di una vita qualcosa su tutti i paesi e su tutti i popoli, ma quel poco lo smarii nelle prime ore…..

……quando si viaggia si prende tutto come viene, lo sdegno rimane a casa. Si osserva, si ascolta, ci si entusiama per le cose più atroci solo perchè sono nuove. I buoni viaggiatori sono gente senza cuore…

si può anche salire sul tetto e di colpo vedere innumerevoli tetti a terrazza della città. Si ha l’impressione di una spianata, e tutto sembra fatto di ampie gradinate . Vien da pensare che si può passeggiare sopra l’intera città. i vicoli non sono un ostacolo, non si vedono, si dimentica la loro esistenza. I monti di Atlante risplendono vicini, e si potrebbe scambiarli per una catena delle Alpi se la loro luce non fosse più fulgida e non vedessimo tutte quelle palme tra i monti della città.

i minareti che si innalzano qua e là non sono come i nostri campanili. sono anch’essi slanciati ma non finiscono a punta, hanno la stessa lunghezza in basso come in alto , e ciò che conta è la piattaforma su in cima, da dove giunge l’invito alla preghiera. Assomigliano piuttosto a dei fari, nei quali però dimora una voce.

sopra i tetti delle case si svolgono le manovre di un’intera popolazione di rondini. e’ come una seconda città; solo che in essa la vita è tanto rapida quanto è lenta nelle strade degli uomini.

….con le donne accade qualcosa di analogo: quando esse camminano come sacchi informi loungo i vicoli , non nsi scorge ne si intuisce nulla, e presto ci si annoia di occuparsene e di dover ricorrere all’immaginazione . Si rinuncia alle donne. ma si rinuncia a malincuore; così, quando poi una donna ti appare alla finestra e addirittura ti parla , e china leggermente il capo e non va più via, come se da sempre ti avesse atteso qui, una che poi continua a parlare quando le volti le spalle e ti allontani piano piano , una che parlerà, non importa se tu ci sei oppure no, che sempre ti parlerà , non importa se tu ci sei oppure no, che sempre ti parlerà , che parlerà sempre a tutti, quella donna, allora, diventa un miracolo, un’apparizione, e sei propenso a considerarla più importante di tutto ciò che pure varrebbe la pena di aver visto in questa città….

Moschea Hassan II – Casablanca (Antonella Giroldini)

Eretta su progetto dell’architetto francese Michel Pinseau e inaugurata nel 1993, è il terzo edificio di preghiera più grande del mondo, capace di ospitare fino a 20.000 fedeli. Il minareto , a pianta quadrata , tocca i 172 m di altezza  e assolve anche la funzione di faro; dalla cima, un fascio di luce laser è puntato verso la Mecca. Il complesso architettonico , che occupa 90.000 mq, comprende una medersa fornita di biblioteca e sale per conferenze; i sotterranei sono provvisti di sale per abluzioni e garage.

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ESSOOUIRA (Antonella Giroldini)

Circa 70.000 abitanti, distesa su una penisoletta bassa e stretta, è una delle più affascinanti città della costa atlantica. Vi si conserva l’antica divisione in differenti nuclei urbani cinti da bastioni e colpisce la griglia europee della medina, frutto della pianificazione di fine 700. Gli alisei, amici dei surfisti, la costante mitezza di clima e le belle spiagge di sabbia ne fanno un piacevolissimo luogo di vacanze marine.

La storia del sito è di antica, legata ai fenici  e alla porpora. Molti secoli dopo furono i portoghesi a stabilire un avamposto commerciale e militare. La fondazione della città moderna risale però al 1760, quando il sultano alaouita Sidi Mohammed ben Abdallah decise di creare un porto che contrastasse Agadir. Del progetto fu incaricato un ingegnere francese, cornut, circostanza da cui derivano l’attuale, inconfondibile impronta europea della medina e forse anche il nuovo nome, Essaouira, ” la città disegnata”. Il porto, non grande, garantiva però assoluta sicurezza alla flotta. Essaouira fini così col diventare un grande mercato frequentato dai commercianti europei e le carovane del Sahara.

Oggi, scoperta la vocazione turistica, le attività portuali sono ridotte esclusivamente alla pesca. Rimane vivo l’artigianato del legno e dell’argento.

Il porto è il luogo più amato della città, ingombro di imbarcazioni variopinte e affollate dai pescatori.

IL MASCHIO E’ INUTILE – Telmo Pievani

Non è più tempo di certezza. Una volta, nella mitica savana del Pleistocene, i maschi cacciatori facevano i maschi e le fammine, o almeno così ci hanno raccontato. Adesso è tutto più disordinato. Iruoli si invertono, si mescolano, si tramutano, si camuffano. Ma in fondo stiamo soltanto copiando ciò che l’evoluzione, nella sua esuberante diversità di soluzioni sessuali, ci insegna da sempre. In natura,sappiamo, c’è di tutto: eterosessualità, omosessualità. Altro che essere “contro – natura”….

……In tutto questo fervore creativo di comportamenti sessuali differenti, in natura il sesso debole è quello maschile, non cìè piùdubbio. Il futuro evolutivo è donna….

…i genetisti hanno scoperto che i cromosomi maschili sono forse in fase di decadimento, sono più fragili, più pèiccoli. Il maschio si starebbe biologicamente estiguendo per conto suo e fra non molto anche le femmine dei primatitroceranno soluzioni alternative

…per i maschi si profila una paradossale occasione di riscatto. In natura non tutto serve a qualcosa…ma noi sappiano che nella storia l’inutilità si è rovelata spesso come un serbatoio di cambiamento….

……quando il contesta cambia, l’inutile passa al contrattacco

IL COLORE DELLA PELLE -FES (Antonella Giroldini)

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Le concerie di Fes sono antiche quanto le città . In età merinide sembra fossero circa un centinaio e ancora adesso questo universo rutilante di colori, odori, uomini, fatica vive in stretta continuità con la tradizione: il lavoro si tramanda di padre in figlio, la proprietà delle concerie è ereditaria.

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La conceria si articola intorno a un’area a cielo aperto , solitamente in lieve pendio per favorire il deflusso delle acque . Vi sono collocati i ” sahrij”, grandi vasche d’acqua per il rinvenimento delle pelli in precedenza salate e esposte al sole, immerse in pacchi legati e assicurati ai bordi con corde; i ” merkel”, bacini di acqua limpida per il risciacquo; i ” qasriyya” le fosse, generalmente raggruppate vicino in canali di scolo, per i bagni, il lavaggio e la tintura delle pelli. tutt’intorno stanno gli ” hzana” , i laboratorie depositi disposti di solito su due piani, illuminati dal vano della porta e a volte da finestre; al di sopra , si stende un’ampia terrazza su cui le pelli vengono messe a essiccare dopo la tintura.

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Prima di passare nei ” merkel”, le pelli vengono sbattute e tirate per distenderle, private dei peli, quindi sottoposte per eliminare i peli residui. Nei ” merkel” vengono lavate, sbattute di continuo per circa tre ore da uomini calati nelle fosse quasi nudi. Nella ” qasriyya” stanno a bagno per vari giorni in urine o escrementi di animali che danno loro consistenza; seguono un bagno nella crusca , uno nel tannino e un accurato lavaggio in acqua pura. Infine le pelli vengono raschiate dal lato della carne, sgocciolate e rigorosamente strizzate, prima dell’essicazione. E’ in questa ultima fase che vengono colorate con colori naturali.

Casablanca (Antonella Giroldini)

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In arabo Dar el – Beida, è la prima città del Marocco per popolazione e una delle grandi metropoli africane insieme africane insieme al Cairo, a Lagos, a Kinshasa, ad Alessandria: un agglomerato in costante crescita demografica e urbana con oltre 3 milioni di abitanti distribuiti su una superficie di 1615 km2, una struttura amministrativa che fa ormai riferimento alla “Grande Casablanca” e un indiscusso primato nazionale in campo economico, commerciale, finanziario. Uno sviluppo invero straordinario, visto che agli inizi del ‘900 Casablanca era solo una grossa borgata di 20.000 abitanti. La chiave di volta fu la scelta francese dal 1912, di farne il maggior porto e il cuore del cosiddetto ” Maroc Utile”, incentivandone e in parte preordinandone lo sviluppo.

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Da allora i piani regolatori hanno cercato di disciplinare la città che tumultuosamente cresceva sotto la spinta dell’addensamento di funzioni e di un’incontrollata, ininterrotta migrazione interna. Non stupisce dunque che oggi la metropoli sia leggibile per contrasti. Contrasti urbanistici tra l’architettura tradizionale delle medine e un centro amministrativo pianificato secondo criteri d’avanguardia, con edifici che mescolano Arts Decò, linee moresche e influssi coloniali francesi ; e ancora – più aspramente  – tra architetture ultramoderne e miseri agglomerati periferici in quelle bindoville che né i vasti piani di edilizia popolare, ne la creazione a sud – ovest della città satellite di Hay Moulay Rachid sono riusciti a scongiurare. Contrasti sociali, insieme, tra i negozi ” occidentali del centro e le botteghe del suq, tra la borghesia di Fes che ha spostato a Casablanca il centro dei propri affari e i vecchi abitanti della medina , o i contadini inurbati alle prese con una nuova povertà.

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IL SARCOFAGO DI GEMENEFHERBAK (Antonella Giroldini)

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Dimensini: 228x88x46 cm

Epoca Trda, XXVI dinastia

Drovetti

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Questo sarcofago di basalto, dalla forma antropoide, risalente alla XXVI dinastia, apparteneva al visir Gemenefhrbak, che nel VII secolo a. C svolgeva un ruolo paragonabile a quello di un primo ministro. Si ha l’impressione che l’oggetto sia ricavato nel metallo e non nella pietra, e in effetti questo materiale è detto metagnovacca, una roccia che presenta una lucentezza metallica. In Egitto era chiamata ” pietra bekhen” e si estraeva dalle cave nel deserto orientale, nella regione dello Uadi Hammamat, è perfino citata sulla mappa topografica presente nel Museo.

Gemenefherbak è raffigurato sul coperchio del sarcofago con una lunga parrucca, la divina barba di Osiride, ricciuta e intrecciata, e un ampio collare usekh. Porta appeso al collo, a un cordoncino, una piccola immagine raffigurante Maar, la dea della giustizia, accovacciata che richiama il ruolo di Gemenefherbak come presidente del tribunale. L’occhio dell’osservatore è subito attratto dal grande scarabeo alato scolpito sul petto della figura in forma di mummia riprodotta sul coperchio a simboleggiare la rinascita e la rigenerazione era importante che lo scarabeo fosse posto al di sopra del cuore ( sede dell’intelligenza) per assicurarne la protezione.  Al centro del coperchio, fra le due ginocchia, finalmente modellate, si notano due colonne di geroglifici che elencano le offerte funerarie. La base inferiore esterna del sarcofago presenta una iscrizione di grande bellezza, che ha suscitato l’ammirazione di migliaia di visitatori; Gemenefherbak è raffigurato due volte in una piccola scena circondata da geroglifici in raffinata esecuzione, in atto di adorare il pilastro djed sacro a Osiride; i testi identificano il defunto e mirano ad assicurargli i mezzi necessari per la sussistenza nell’Aldilà.