ALBARO …GENOVA (Antonella Giroldini)

Albaro è un quartiere residenziale che si estende sopra la zona di Corso Italia e Boccadasse.

Fin dal XVI secolo è stato arricchito da splendide residenze volute dai governanti della Repubblica di Genova, che hanno anche contribuito a costellare la zona di rigogliosi spazi verdi grazie a giardini e parchi ben curati.

Sono molte le ville storiche della zona, come villa Saluzzo-Bombrini, conosciuta come “il Paradiso”, o la villa Saluzzo-Mongiardino nella quale abitò alcuni mesi George Byron, oppure ancora villa Bagnarello, dimora del soggiorno genovese di un altro celebre artista: Charles Dickens.

Tra le residenze illustri meglio conservate vanno citate anche villa Giustiniani-Cambiaso, con un grande parco, oggi riconvertita a sede dell’Università di Genova, e villa Sauli Bombrini Doria, che ospita il Conservatorio Niccolò Paganini.

Ad Albaro si trova anche un’imponente scalinata in stile liberty intitolata a Giorgio Borghese, la quale porta ad un belvedere affacciato sul mare che offre una suggestiva panoramica sul levante di Genova.

Tra i molti edifici religiosi e di interesse artistico della zona, si annoverano la chiesa dei Santi Nazario e Celso e la chiesa di San Francesco d’Albaro, edificata nel 1324; e la chiesa in stile romanico-gotico intitolata a Santa Maria del Prato, risalente addirittura al 1172, costruita grazie alle sovvenzioni di ricchi genovesi.

In quest’area, spostandosi ancora verso levante, si incontrano i quartieri di Sturla, Borgoratti e San Martino.

Sturla, attraversata dal fiume omonimo che sfocia nel golfo, un tempo è stata borgo di pescatori, mentre oggi ospita molte strutture balneari e campi attrezzati per attività sportive. Borgoratti, invece, è stato un antico borgo rurale. A Borgoratti il poeta genovese Giorgio Caproni ha dedicato un componimento compreso in “Come un’allegoria” del 1936.

Narba e le meduse di Albarese (Antonella Giroldini)

Miti e leggende nascoste d’Italia:

Scoprire l’Italia Segreta attraverso le sue leggende

una fanciulla di nome Narba, stava in riva al mare riparandosi dai raggi del Sole con fronde di ramoscelli. Un giorno il Sole offeso ed incuriosito dalla creatura che ripudiava i suoi raggi dorati, chiese aiuto a Maestrale per vederne il volto. Questi soffiò sempre più forte, ma ella sembrava non accorgersi di nulla. Arrivò in aiuto Libeccio, che portò via le fronde dalla testa di Narba facendola volare tra le onde impetuose ed un mulinello infuriato la trascinò sul fondo. Il Sole allora disse “Che rimanga sul fondo e non veda mai più la luce dei miei raggi”.

Storia tratta dal libro: “GROSSETO, terra d’acqua – Edizioni Effigi.”

Di questo libro mi piace il titolo, mi piace la copertina, mi piace la fotografia … Lo scelgo di pancia, con i sensi. Mi piace la vibrazione di queste due parole vicine: terra ed acqua! Bene, ancora una volta mi ascolto,nessuna aspettativa, nessuna performance, solo quello che evocano in me queste due parole: natura, contatto con gli elementi e vita all’aria aperta.

LA LEGGENDA CI RIPORTA ALLA VALORIZZAZIONE DI CIÒ CHE GLI ALTRI NON RIESCONO A VEDERE DI NOI, MA CHE CON I GIUSTI SRUMENTI POSSONO DIVENIRE I NOSTRI PUNTI DI FORZA.

La luna pallida e argentea, mentre aspettava la notte, ebbe pietà della fanciulla e dolcemente la fece affiorare dalle acque donandole un pò del suo chiarore. Nettuno, in onore della nuova creatura marina, le donò preziose sfumature iridate e Narba divenne una soave medusa danzante. Da Narba nacquero tutte le meduse che si vedono volteggiare nell’azzurro mare di Alberese o più al largo.

La leggenda di Narba ci introduce in un territorio, quello di Albarese, da dove si parte alla scoperta dei paradisi circostanti dove mandrie brade di cavalli e buoi maremmani pascolano libere nei prati, mentre nei boschi cinghiali, istrici, caprioli e daini si moltiplicano e nelle zone umide gli uccelli acquatici trovano il loro habitat naturale. Un lungo viale di pini, cisti e ginestre conduce al litorale, segnato dalle dune e dai profumi di macchia mediterranea che ricopre le scogliere nella ripida discesa verso il mare. In questo paradiso, ci sono itinerari da percorrere a piedi, a cavallo, in bicicletta e canoa. Spettacoli di natura incontaminata, punti panoramici di eccezionale. Alla Bocca d’Ombrone (il fiume che ha dato origine ad un’altra leggenda), il fiume trascina i tronchi sradicati dalle piene a consumarsi di sole e vento sulle spiagge tra il fremere delle onde e le grida dei gabbiani, mentre al largo, nel chiarore dell’orizzonte, si profilano le sagome delle isole
che un tempo furono “insediate “dai mori.

Le suggestioni di questa storia come potrebbero aiutarti a visitare questo luogo e scoprire nuovi punti di vista sulla tua unicità?Ciò che affiora dalle acque o si scorge attraverso la fitta vegetazione del luogo, quali tue parti e/o risorse, potresti far affiorare dallo “sfondo”?

COME MAI IL TRAVEL COACHING USA MITI & LEGGENDE?

La narrazione mitologica ha il potere di inviare svariati messaggi e di attivare il paragone tra il noto e qualcosa che non conosciamo ancora. Il potere evocativo del mito sta nell’usare il racconto come grimaldello per far si che il luogo trasmetta al viaggiatore nuove ispirazioni filosofiche che facilitano un nuovo approccio alla scoperta di sé. Il luogo diventa, quindi, un Setting Trasformativo in grado di offrire a chi viaggia, anche grazie alla narrazione mitologica, un’amplificazione di significati, e la scoperta di soluzioni sorprendenti a volte anche un po’ magiche. Questa dimensione dominata dall’emotività, dalle sensazioni, dalle risonanze apre la porta al potenziale di ognuno di noi.

IL GIARDINO DELLE PEONIE (Antonella Giroldini)

IL GIARDINO DELLE PEONIE DI VITORCHIANO si trova nelle vicinanze di Viterbo, a settanta chilometri da Roma, ai piedi dei Colli Cimini.

E’ conosciuto anche con il nome Centro Botanico Moutan, raccoglie oltre 250.00 piante, tra cui circa 600 differenti varietà di peonie, alle quali fanno da cornice lecci, cipressi, querce ed ulivi secolari.

Si estende su quindici ettari circondati dalla natura fascinosa della Tuscia, in un ambiente dal forte impatto storico-artistico.

Non c’è da andare lontano per scoprire giardini fantasiosi del XVI secolo, antichi borghi arroccati su speroni di roccia, palazzi e città medioevali.

Nello stesso giorno della tua visita al Centro Botanico Moutan riesci a visitare uno dei seguenti luoghi:

  • Vitorchiano
  • Villa Lante a Bagnaia
  • Parco dei Mostri Bomarzo
  • Villa Farnese di Caprarola
  • Viterbo
  • Civita di Bagnoregio

ROCCA AL VECCE (Antonella Giroldini)

L’abitato di Roccalvecce ha origini antichissime. Fu sicuramente un insediamento Etrusco come dimostrano i ritrovamenti in tutta la zona circostante di tombe risalenti al VIII e al VII secolo a.C. Successivamente divenne un “castrum romano” come testimoniano le tracce di opus reticulatum presenti nelle fondamenta del castello. Durante tutto il 1200 e gli inizi del 1300 il castello fu proprietà di vari Signori, il più famoso tra questi, Ponzio, fu un condottiero agli ordini della nobile famiglia Monaldeschi di Bagnorea (l’attuale Bagnoregio). Dopo circa 100 anni di alterne vicende e scontri tra condottieri di ventura il castello divenne proprietà della potente famiglia Viterbese dei Gatti. Nel 1498 5/6 del castello passarono in mano a Giulio e Ottaviano Colonna, Patrizi romani, e il restante un sesto a Francesco Chigi, nobile Senese. Nel 1555 Camillo Colonna, figlio di Ottaviano, lo cedette ad Alberto Baglioni i cui figli, Vincenzo e Paolo, trovatisi in gravi difficoltà economiche, nel 1642, furono costretti a vendere a Prospero Costaguti, patrizio genovese e cittadino romano. Successivamente nel 1685 Giovanni Giorgio Costaguti acquistò il rimanente 1/6 del castello ancora di proprietà della famiglia Chigi. Da allora fino ad oggi il Castello di Roccalvecce è sempre stato proprietà della famiglia Costaguti.

L’etimologia

Esistono due tesi predominanti che spiegano l’origine della parola “Roccalvecce”. Durante il Medioevo intorno al 1200/1300 Roccalvecce si chiamava “Rocca del Veccio” ed era costituita unicamente da un corpo di guardia e una torre di avvistamento. Gli storici ritengono che “Il Veccio” fosse il nome del condottiero di ventura che l’aveva edificata. Infatti in quel periodo storico avvenivano spesso guerre tra la Repubblica di Siena, lo Stato Pontificio e la città di Viterbo. La “Rocca del Veccio” si trovava proprio al confine tra i due Stati e grazie alla sua posizione strategica ricopriva una importante funzione di avamposto militare sulla Via “Teverina”. Nel 1254 gli allora Signori di Roccalvecce si sottomettevano, con atto di soggezione, al dominio del comune di Viterbo. Da Allora si susseguirono numerosi altri atti in cui i castellani di Roccalvecce ribadivano la propria sudditanza al comune di Viterbo. Agli inizi del 1400 il castello di Roccalvecce entrò a far parte in piante stabile del patrimonio di S.Pietro. Tuttavia essendo ancora un presidio al confine tra Stato Pontificio e Repubblica di Siena divenne stazione di guardia per gendarmi pontifici svizzeri, le famose “Guardie Svizzere”. Questa presenza potrebbe aver dato origine alla definizione “Rocca Helvetica” poi tramutata nella parola Roccalvecce. Questa teoria è confutata anche da una lapide marmorea presente all’interno della chiesa del castello.

CELLENO … IL BORGO FANTASMA

A pochi chilometri da Civita di Bagnoregio, detta anche la città che muore, c’è un borgo bellissimo, che pochi conoscono.

È Celleno, un borgo arroccato su uno sperone di tufo nella provincia di Viterbo, non lontano neppure da Orvieto, che molto ha in comune con il più noto borgo laziale, uniti entrambi da un triste destino e da vicende comuni.

Celleno fu prima colpito da epidemie, poi da frane, eventi terribili avvenuti in anni non precisati, e infine distrutto da un terremoto nel 1931. Fatto sta che dalla fine del 1800 fu abbandonato. Oggi è considerato un borgo fantasma.
Il nuovo borgo di Celleno fu ricostruito non molto lontano negli Anni ’30, oggi si contano poco meno di 1500 abitanti.

Il borgo abbandonato è ancora un intricato dedalo di viuzze che portano fin su a quel che resta dell’antico castello, dopo aver superato la scenografica via del Ponte, stradine su cui si affacciano piccole case prive d’intonaco e resti di palazzi in pietra di basalto. Il catello ne ha passate di tutti i colori: conobbe le alterne vicende della rivalità tra famiglie di Guelfi e Ghibellini; nel XV secolo divenne possedimento della famiglia Gatti e poi fu un feudo degli Orsini, famiglia dalla quale prende ancora il nome.

L’assenza di manutenzione ha risparmiato solo la parte architettonicamente più pregevole dell’abitato, quella intorno a piazza del Comune. Qui si trovano il Castello degli Orsini, la chiesa di San Carlo del XVII secolo, la chiesa di San Donato del 1200 e altri palazzi.

Il borgo di Celleno è stato selezionato dal FAI (Fondo Ambiente Italiano) tra i suoi beni e nelle giornate dedicate alle aperture straordinarie vengono organizzate visite guidate a cura del Gruppo FAI Giovani di Viterbo e dagli Apprendisti Ciceroni del Liceo “Buratti” Unitus.

AGRITURISMO PARCO DEL CIMIMINO (Antonella Giroldini)

Informazioni

Il Parco dei Cimini è Situato a 800 metri s.l.m. tra la riserva naturale del lago di Vico e le pendici del Monte Cimino, cornice naturale perfetta per un ricevimento con i fiocchi. È nato nel 1998, dalla volontà di trasformare i prodotti biologici dell’antica Azienda Agricola di famiglia, preparandoli alla vendita e alla trasformazione in piatti unici. Un’incantevole Bio lago fa da contorno all’ambiente naturale in cui si trova.

Spazi e capienza

Il grande salone completamente vetrato, in grado di ospitare fino a 350 persone, è dotato di un panorama spettacolare sulla natura caratterizzato dal giardino all’inglese e dal bosco. All’arrivo, attraversando la pineta, si nota che questa location è una vera oasi di pace, in grado di accogliere con estrema attenzione e cura sposi e invitati.

Il Garden Party, adiacente al parco del Biolago, alle pendici del Monte Cimino, accoglie invece 150 persone comodamente sedute.

Servizi offerti

La struttura, seppure calata nel verde della montagna, è dotata di tutta la professionalità del caso, atta a soddisfare i desideri più nascosti di una coppia che non intende rinunciare a nulla nel giorno più importante della propria vita, il tutto personalizzabile in base ai desideri da realizzare. Tra i servizi disponibili, figurano:

  • menù personalizzati;
  • scelta della mise en place;
  • ingresso nel parco con carrozza d’epoca;
  • osservazione astronomica per l’intrattenimento degli ospiti;
  • intrattenimento con rapaci nell’attesa del taglio della torta;
  • spettacolo pirotecnico con taglio della torta sul bordo lago;
  • intrattenimento bambini con clown professionisti;
  • allestimento floreale e dei tavoli;
  • allestimento personalizzato delle sale;
  • stampa menù;
  • camere per gli sposi e gli invitati.

Ristorazione

Il menù proposto offre una scelta di prelibatezze, tipiche della cucina locale. I piatti, curati nei minimi particolari, sono stati selezionati grazie alla consulenza dello chef Angelo Biscotti, docente della Boscolo Etoile Academy.
Le pietanze sono sì prelibate ma, nel segno della tradizione, le nostre porzioni sono ancora abbondanti.

Altri spazi

Il biolago, che sorge adiacente alla struttura, di eccezionale suggestione, ha una splendida terrazza panoramica, per l’organizzazione di ogni tipo d’incontro, sopratutto quello dei matrimonio.

Fiore all’occhiello della struttura è il Centro Astronomico con osservatorio e planetario di 60 posti.

Altri servizi

  • Biopiscina con solarium;
  • allestimento romantico con pasti in camera;
  • parco avventura, tiro con l’arco, campo da calcetto;
  • visita alla fattoria didattica e avvicinamento ai rapaci;
  • massaggi;
  • ristorante alla carta;
  • campi estivi per i più piccoli.

Ubicazione

Situato nel centro di una vallata, l’agriturismo si trova nel versante ovest del Monte Cimino (Viterbo), nel cuore di un parco boscoso prevalentemente di pini e castagni.

Gli sportivi e gli amanti dell’aria pura potranno praticare trekking e mountain bike negli splendidi dintorni.

LAGO DI CANTERNO ( Antonella Giroldini)

Nel cuore del Lazio c’è un lago che, oltre a mostrarsi in tutta la sua bellezza, nasconde più di un mistero: il lago fantasma di Canterno.

Si trova vicino a Fiuggi, il lago di Canterno, quella località in provincia di Frosinone nota per il turismo termale che ogni anno, soprattutto d’estate, è un forte richiamo per chi vuole concedersi una pausa e rigenerarsi durante le vacanze. È il maggiore dei laghi carsici del Lazio: ha una superficie di 0.6 kmq, un perimetro di 4.9 km e una profondità massima di 25 metri.

Lo specchio d’acqua della Ciociaria bagna quattro comuni: Ferentino, Fumone, Fiuggi e Trivigliano. Pur trovandosi nelle vicinanze di trafficate strade provinciali, il Lago di Canterno è riuscito a mantenere intatta tutta la sua atmosfera. È circondato da boschi di querce, cerri e latifoglie e permette ai visitatori di ammirare l’airone cenerino, l’airone rosso e la gallinella d’acqua.

Ad essere avvolta da un alone di mistero è anche la data di formazione del Lago di Canterno. In molti la fanno risalire ai primi anni dell’Ottocento, quando vennero inondate le conche fertili della zona in cui giace attualmente, originariamente occupate da campi coltivati. Un abisso diede il via al processo di riempimento della valletta, durato pochi giorni. L’inondazione mandò in rovina diversi coltivatori del luogo ma fece la fortuna di chi sfruttò al volo l’occasione per diventare pescatore.

Il più grande mistero che avvolge il Lago di Canterno e lo stesso che gli vale l’appellativo di lago fantasma, è un singolare fenomeno di instabilità, dovuto ai momenti in cui il fiume Pertuso si svuotava e si riempiva. Il lago, ad intervalli regolari, si seccava sia parzialmente che in maniera totale, per poi apparire all’improvviso in tutta la sua ampiezza. Si trattava di fasi di prosciugamento che potevano durare giorni, mesi o addirittura anni: la più lunga durò dal 1894 al 1943.

a qui un altro mistero: dove andavano a finire i pesci nei periodi di prosciugamento? L’arcano venne risolto proprio nel 1943, quando si diede il via all’esplorazione del Pertuso. La scoperta fu sbalorditiva: l’inghiottitoio del fiume comunicava con una grotta sotterranea dove i pesci andavano a rifugiarsi durante i periodi di prosciugamento. Nel corso degli anni, grazie ad interventi artificiali, il volume del Lago di Canterno è stato regolarizzato, ma la sua peculiare instabilità non è scomparsa del tutto. Essa continua a manifestarsi anche al giorno d’oggi, seppure in una maniera meno scenografica rispetto al passato ma ancora molto suggestiva. Basta osservare l’alberello solitario che si erge dalle sue acque. Nei periodi di piena appare sommerso e in quelli di secca ne fuoriesce interamente: è lui il testimone involontario del Lago Fantasma di Canterno.