Vuole un’antica leggenda che l’ars medica salernitana sia nata dall’incontro tra quattro maestri, Helinus, Adela, Pontus e Salernus, un ebreo, un arabo, un greco e un salernitano. Dall’unione dei loro saperi avrebbe avuto origine quella scuola la cui fama avrebbe travalicato i confini del paese.
La fusione di elementi del mondo antico, bizantino ed islamico che la leggenda sottolinea, è alla base di quel sincretismo culturale che caratterizzò il Mezzogiorno d’Italia durante il Medioevo e che produsse a Salerno – importante centro di scambi commerciali nel cuore del Mediterraneo e capitale del principato longobardo – esiti culturali ed artistici originali e raffinati.
Favorita dalla presenza di una forte tradizione monastica, la cultura scientifica salernitana deve molto della sua evoluzione al rinnovamento culturale legato al monachesimo benedettino, che ebbe a Montecassino il suo centro propulsore e a Salerno la più alta espressione nell’abbazia di S.Benedetto .
Nelle infermerie dei conventi, come sanciva la Regola di S. Benedetto, venivano curati e soccorsi guerrieri e pellegrini, mentre nel giardino dei semplici si coltivavano le erbe con cui sapientemente si confezionavano i medicamenti.
Se pur in assenza di conferme documentarie, appare inoltre probabile l’esistenza di uno scriptorium presso l’abbazia di S. Benedetto, che conferma il ruolo fondamentale dei monasteri anche per la trasmissione dei testi scientifici.
Molti medici furono monaci e chierici, ma la componente laica ebbe anche un ruolo determinante nella definizione dell’arte medica salernitana: a gestione laica era l’ospedale di S. Biagio, fondato a Salerno nel 1138 presso la chiesa di S. Giovanni extra Moenia.
Al secolo XI risalgono le prime tracce di letteratura medica, pervenute in raccolte di scritti di terapia e patologia strettamente collegati alla tradizione classica e tardoantica: i presupposti teorici si fondano sulle teorie di Ippocrate e Galeno che considerano la malattia come uno squilibrio operante all’interno del corpo umano tra i quattro umori in esso presenti: sangue, bile, flemma (secrezioni delle fosse nasali ritenute provenienti dal cervello) e atrabile o bile nera ritenuta proveniente dalla milza) e sullo studio di alcuni trattati pratici e farmacologici.
A questo periodo appartiene l’opera di Alfano (1010-1085), abate di San Benedetto e poi vescovo di Salerno. Grecista e latinista, come ogni prelato del suo tempo, tradusse in latino dal greco opere di medicina e fu egli stesso autore di trattati medici: De quattuor umoribus, un lavoro clinico terapeutico sulle alterazioni degli umori, sulla sintomatologia, sulle terapie e sullo studio dei semplici vegetali, e De pulsibus, ripreso dagli scritti di Galeno.
Suoi contemporanei furono Garioponto , Petroncello e Trotula , la più nota delle donne che esercitavano la medicina a Salerno, autrice di un famoso trattato sulle malattie delle donne: De mulierum passionibus ante et post partum in cui ogni aspetto della vita femminile viene attentamente preso in considerazione. Suo anche un trattato di cosmetica “De ornatu” in cui è prodiga di consigli utili ad esaltare la bellezza o a mascherare sapientemente piccoli difetti con unguenti, balsami, profumi e tinture ricavati dal mondo vegetale.
Nei secoli XII XIII, con il diffondersi dei testi arabi tradotti da Costantino l’Africano , l’incremento degli scambi commerciali con la Spagna, l’Africa e la Terrasanta e la diffusa pratica medica incrementata anche dai pellegrini e dai feriti reduci dalle Crociate, il fulgore della scuola di Salerno toccò il punto culminante. La produzione scientifica raggiunse la massima sintesi e originalità nelle opere di terapia e diagnostica di numerosi maestri, tra cui
Bartolomeo, Cofone, maestro Salerno, Giovanni Afflacio, Arnaldo da Villanova, Niccolò Salernitano, Giovanni Plateario
L’abitudine all’osservazione dei sintomi nell’individuazione dello stato patologico diede luogo ad una fiorente produzione di studi sull’analisi delle urine.
Maestri quali Mauro di Salerno, Ursone, Egidio di Corbeil dedicarono importanti trattati all’indagine uroscopica.
Particolare sviluppo ebbe la farmacologia che si avvaleva essenzialmente dei semplici vegetali. Nascono trattati in cui le erbe vengono scientificamente indagate e classificate in base alla loro proprietà medicamentose, diversamente combinate e dosate secondo le varie applicazione terapeutiche.
L’opera fondamentale della botanica medicinale medioevale è il “Circa Instans,” attribuita al maestro salernitano Matteo Plateario, sulla cui esperienza si collocheranno nel secolo successivo le Pandectae Medicinae di Matteo Silvatico
Anche la chirurgia, in quest’epoca, comincia a rientrare nelle pratiche dei medici di Salerno: Ruggero da Frugardo, e Bruno da Longobucco e Benvenuto Grafeo , furono i primi autori che se ne occuparono in maniera sistematica. Vero vanto della Scuola di Salerno fu poi la medicina e chirurgia oculistica, branca di derivazione araba, di cui fu esponente di spicco .
Gli insegnamenti della Scuola hanno avuto grande diffusione grazie al Regimen Sanitatis Salernitanum .
Scritto in versi in modo da poter essere ricordato facilmente, contiene rimedi e consigli per preservare la salute uniformando la condotta di vita ai ritmi naturali del proprio ambiente e del proprio organismo: dieta, passeggiate, riposo e moderazione.
E’ un’opera collettiva, anonima, risultato della consuetudine popolare, raccolta e commentata nel secolo XIII dal medico catalano Arnaldo da Villanova. Si presume che i primi versi siano stati scritti intorno al X secolo e il genere è quello dei tacuina sanitatis, opere a carattere enciclopedico, in cui accanto all’illustrazione degli elementi della natura, vi è quella degli alimenti, degli stati d’animo e delle stagioni, allo scopo di salvaguardare la salute mantenendo un perfetto equilibrio tra uomo e natura.
Il nucleo originale andò accrescendosi negli anni, tanto che i 362 versi della prima edizione a stampa del 1479 diventarono circa 3520 nelle ultime edizioni. Il poema a volte viene dedicato a un Anglorum Regi, forse Roberto di Normandia, altre volte ad un Francorum Regi, dediche che se autentiche, tenderebbero a definire la sua esatta datazione. In realtà queste sono di molto successive alla sua origine.
La Summa dell’insegnamento salernitano è condensata nei versi che suggeriscono un tipo di vita igienica e tranquilla:
“…se vuoi star bene, se vuoi vivere sano,
scaccia i gravi pensieri,l’adirarti ritieni dannoso.
Bevi poco, mangia sobriamente;
non ti sia inutile l’alzarti dopo pranzo;
fuggi il sonno del meriggio;
non trattenere l’urina, né comprimere a lungo il ventre;
se questi precetti fedelmente osserverai, tu lungo tempo vivrai.
Se ti mancano i medici, siano per te medici
queste tre cose: l’animo lieto, la quiete e la moderata
dieta…”
Evoluzione istituzionale
Inizialmente i medici devono aver lavorato con i loro allievi in propri laboratori e solo in un secondo momento essi si devono essere riuniti in corporazione, dando origine alla Scuola Medica Salernitana.
Nel XI secolo si trovano infatti a Salerno libere associazioni di maestri e di studenti per l’apprendimento teorico-pratico, della medicina.
Il primo documento in cui la Scuola Medica Salernitana viene codificata e definita con un curriculum e programmi di studi è nelle Costituzioni di Melfi emanate da Federico II nel 1231.
Nel 1252 la scuola ricevette da Corrado II di Svevia la qualifica ufficiale di Studium e nel 1280 Carlo II d’Angiò approvò il primo statuto in cui la Scuola veniva riconosciuta come Studium generale in medicina.
Lo sviluppo istituzionale della Scuola seguì, tuttavia, un percorso inverso all’evoluzione scientifica: a partire dal secolo XIV, allorquando il centro del potere e dell’elaborazione culturale si spostò dal Mediterraneo al cuore dell’Europa, la Scuola Salernitana perse definitivamente la sua funzione trainante, di grande richiamo internazionale, per rientrare in una storia di ambito locale.
Tuttavia la Scuola svolse la sua attività per numerosi secoli, attraverso alterne vicende.
Nel XVI secolo allo Studium si affiancò il Collegium Doctorum , una corporazione organizzata di dottori, con a capo un Priore che aveva la facoltà di conferire lauree in Filosofia e Medicina.
La Scuola cessò la sua attività nel 1811 allorquando, con la riorganizzazione dell’istruzione pubblica del Regno, Gioacchino Murat attribuì esclusivamente all’Università di Napoli la facoltà di conferire lauree.