Imperdibile … il Firth of Forth in questo giro in barca dei ponti di Forth. Navigando lungo questa insenatura, scoprirete questi veri gioielli dell’ingegneria civile!






































































Capolavoro di ingegneria idraulica e prima chiusa ruotante al mondo, in grado di far compiere a una decina di imbarcazioni al mondo a una decina si imbarcazioni contemporaneamente il “salto “di 35 metri tra i canali . Il passaggio dura circa un’ora ed è sperimentabile in apposite imbarcazioni. La ruota di Falkirlk è il punto cruciale del Millennium Link , sistema di collegamento tra Edimburgo e Glasgow.









Siamo a metà del secondo anno del Master in Travel Coach ed Ilaria ci propone di iniziare a sperimentarci!
Possiamo organizzare il nostro primo week end da Travel Coach, scegliendo i luoghi che più ci richiamano e
condurremo le nostre compagne di corso in un viaggio in Travel Coach completamente ideato, creato e guidato da noi.
L’opportunità è davvero ghiotta ed è una sfida per me, mi emoziona, mi stimola e soprattutto “facendo” ho la possibilità di scoprire chi sono, cosa mi dà gioia e cosa fa vibrare la mia anima. Gli strumenti che Ilaria ci ha trasmesso in questi anni sono stati molti e potenti, un viatico di cambiamento e di scoperta che grazie alla possibilità di “sperimentarci” ora ci offre la possibilità di mettere una cornice e di dare un senso a quanto appreso teoricamente.
“Mettere a terra” il mio primo week end mi ha consentito di dare “valore” alle mie intuizioni e mi ha permesso di svelare passo dopo passo (anche a me stessa) il mio stile di travel coaching. Ed eccolo il mio week end! Quale luogo, quale territorio mi chiama? Come fare una scelta?
Ascolto il mio “intuito” e seguo ciò che mi mette a mio agio. Partendo da qui, la scelta è chiara: un territorio di prossimità che mi/ci riconnetta alla natura e alle mie/nostre radici. La mia bussola interna individua le tappe : Bomarzo e Sant’Angelo di Roccalvecce. – Salvatore Fosci
I libri da cui ho preso ispirazione: “I misteri della piramide di Bomarzo. Indagine sulle origini dell’enigmatico monolite nascosto nei boschi viterbesi” – testi di Francesca Ceci, Salvatore Fosci e Luciano Proietti – Intermedia Edizioni.
“ Vulcano Nascosto – una interpretazione alternativa del Bosco Sacro di Bomarzo”. A cura di Sigfrido E.F.Hobel . Stamperia del Valentino

Un poeta contemporaneo che esalta le tradizioni del suo popolo. Così lo presenta Sigfrido E.F.Hobel nella prefazione al testo – “ Vulcano Nascosto – una interpretazione alternativa del Bosco Sacro di Bomarzo”. A cura di Sigfrido E.F.Hobel . Stamperia del Valentino – “Salvatore Fosci è un personaggio davvero singolare, dotato di uno straordinario spirito di osservazione, di un’ottima memoria e di un notevole intuito, profondamente integrato nella sua realtà territoriale, nei cui confronti nutre un estremo rispetto e un grande amore. A lui spetta il merito di averla ripulita, resa perfettamente visibile e fatta conoscere la ormai famosa “Piramide di Bomarzo “e di avere compiuto innumerevoli esplorazioni nei boschi e nelle campagne bomarzesi, scoprendo e documentando non poche tracce di antiche presenze…
L’ho incontrato una prima volta, alcuni anni fa, proprio sulla Piramide, e sono rimasto colpito dalla sua conoscenza del territorio e dall’acume delle sue considerazioni”. Ecco il primo ingrediente del mio week end: la guida, la porta, il narratore, colui che è profondamente connesso e legato al luogo e alle tradizioni, capace di farci entrare in connessione con l’anima ed il cuore del territorio che conosce profondamente.

Vinicio Orsini ci racconta di aver progettato il Suo Boschetto proprio con questo intento e lo ha popolato con figure spesso gigantesche: animali, esseri mitologici, statue parlanti, mascheroni, per lo più scolpiti direttamente nella roccia vulcanica sporgenti dal terreno. A queste ha aggiunto architetture, che non sono meno sorprendenti delle sculture: come la Casa Pendente che ha l’intento di far perdere l’equilibrio, oppure il Teatro, che secondo qualcuno sarebbe il punto chiave di un percorso alchemico del giardino. Poco si sa del Bosco. La sua progettazione è stata attribuita agli artisti più attivi dell’epoca, tra i quali il Vignola e Pirro Ligorio, ma tali ipotesi non sono confermate da alcuna documentazione. Nonostante i numerosi studi che hanno tentato di sciogliere l’enigma di questo boschetto, collocato in un’area intermedia tra arte,
magia e letteratura, Bomarzo è destinato a rimanere un luogo intriso di fascino e mistero che genera racconti e che sollecita l’immaginario di ciascun visitatore.


Se ti senti incuriosito e chiamato da questo luogo, se hai voglia di incontrarlo, ti invito ad attraversarlo con questa esortazione: accettiamo e liberiamo i nostri mostri. Siamo unici e solo in un modo possiamo essere noi stessi: incontrando e dialogando con i nostri mostri. Chissà che da questo dialogo non si svelino e ci vogliano incontrare anche le nostre meraviglie.
Seguendo l’esortazione di Orsini: “Soltanto chi procederà a guardare con stupore, lasciando entrare dentro di sé i messaggi che può osservare, avrà la possibilità di vedere veramente le sette meraviglie del mondo, con il silenzio e l’attenzione, altrimenti non sarà in grado di vedere nemmeno le costruzioni più gigantesche”
Ti invito a spalancare gli occhi della meraviglia ed addentrarti in questa Selva, abbandonando il pensiero razionale ed esplorando l’ambiente con i 5 sensi. Quali suggestioni, immagini, pensieri, ricordi, parole ti sono affiorati nell’incontro con queste Statue?
Redigi il tuo Diario di Viaggio le foto delle principali tappe di questo itinerario onirico potrebbero essere le tappe del tuo viaggio interiore. Per ciascuna immagine puoi annotare tutto ciò che sollecita la tua fantasia: un’immagine, un simbolo un odore, un suono …….
Se potessi divertirti a creare il tuo boschetto partendo da dove sei ora, dai tuoi saperi,
Come lo realizzeresti?
Di quali creature, simboli, pensieri, frasi o ispirazioni si comporrebbe?
Dove lo realizzeresti?
Di che materiale sarebbero i suoi abitanti?
Quale elemento che ti diverte, ti meraviglia e ti stupisce vuoi inserire?


Vinicio mette in scena a Bomarzo in chiave simbolica i principali eventi della propria vita, quasi a riviverli, esorcizzarli e trasformare le emozioni più profonde ed umane grazie ad una sorta di purificazione che avviene attraverso l’amore. Sembra quasi volerci dire che le cose che possono sembrare brutte, oscene e inavvicinabili sono un po’ come le nostre paure che, se affrontate, ci dicono che nell’oscuro labirinto della vita ci sarà sempre una via d’uscita. Una sorta di conoscenza e salvezza articolato in tre livelli: attraverso il mondo, la terra e l’occhio, tale cammino culmina infine con il riconoscimento del divino in noi stessi.
Quali regole copioni, schemi puoi sovvertite cambiando prospettiva?
Cosa si rimpicciolisce e va sullo sfondo, cosa emerge della tua natura unica e meravigliosa?
Se desideri sperimentare questo viaggio simbolico ed iniziatico nel territorio della Tuscia incontrando i tuoi mostri e le tue meraviglie a Bomarzo; Lilaland sta creando un weekend aperto a tutti quelli così coraggiosi da voler scoprire ciò che li rende unici attraverso le imperfezioni.
L’hotel è situato a ridosso del centro storico medievale di Tarquinia, città immersa nel verde della campagna dell’Etruria, terra di Etruschi.
Si trova a 900m dal Museo Archeologico Nazionale Tarquiniense e a 2,5km dalla Necropoli Etrusca, Patrimonio dell’UNESCO.





Noi l’abbiamo scelta per provare l’esperienza nella Vasca Hado …
A quanto pare la musica dà energia all’acqua, e l’acqua è dotata di memoria. Non è fantascienza, e nemmeno fantasia popolare, dato che l’esperimento è stato fatto niente meno che da Simone Caramel, Presidente della SISBQ (Società Internazionale di Semeiotica Biofisica Quantistica), e da Jaques Benveniste, il noto scienziato francese. Gioiranno i musicoterapeuti, ma anche chi sostiene (da millenni) i poteri terapeutici dell’acqua, primi tra tutti i maniaci dei bagni termali. Orbene, in Italia, un tale Mario Pusceddu, imprenditore illuminato, si è messo a studiare gli esperimenti di Caramel, Benveniste, del Nobel della Medicina Luc Montagnier, fino a Sergio Stagnaro, che nel 2011 dimostrò che l’acqua non è solo in grado di memorizzare, ma può addirittura ricevere e trasmettere radiazioni, ossia onde-frequenze intrise di informazione. Folgorato, Pusceddu ha deciso di costruire nel suo agriturismo immerso nel verde vicino a Tarquinia una vasca Hado, ad oggi unica in Italia.
“Si tratta di una vasca giapponese – spiega Posceddu – basata sugli esperimenti di Biofisica Quantistica del nipponico Masaru Emoto che sostiene che anche la coscienza umana ha un effetto sulla struttura molecolare dell’acqua. In pratica, pregando, cantando, o anche solo parlando all’acqua, si possono modificare i cristalli che la compongono. Le caratteristiche principali della vasac Hado sono l’utilizzo di acqua calda lievemente salata, una frequenza musicale trasmessa direttamente all’interno dell’acqua e alcune pietre vulcaniche”.
Hado è una parola giapponese che significa “cresta dell’onda”, e sta a significare la vibrazione energetica estremamente sottile che è all’origine della creazione. Immergendosi in questo tipo di acqua purissima, i giapponesi ritrovano un benessere primigeneo, un’armonia tra esterno e interno. La Biofisica Quantistica, in effetti, grazie al test di Caramel (Caramel’s experiment), sembra dimostrare una sorta di feedback dall’acqua, ossia un ritorno, in termini di armonia e benessere, delle informazioni (per esempio musicali) immesse nell’acqua.
Del resto, l’acqua copre il 70,8% della superficie del nostro pianeta ed è una componente fondamentale di tutti gli organismi viventi. Nella persona umana, soprattutto nei bambini, costituisce circa il 75% dell’organismo. E se ci mettiamo a pensare che i fluidi corporei che hanno il maggiore contenuto di acqua sono il liquido cefalorachidiano (99%), il midollo osseo (99%) e il plasma sanguigno (85%), diventa facilmete intuitivo accettare l’idea che l’acqua veicoli una serie di informazioni piuttosto importanti per la vita umana.
“E allora perchè non dialogarci, direbbero i nostri scienziati?”, continua Pusceddu, che infatti intorno alla sua vasca Hado ha costruito il suo business: “Qui al Valle del Marta arrivano da tutta Italia per immergersi nell’acqua a frequenze musicali, anche se in pochi – scherza – hanno il coraggio di recitarle poesie o sussurrarle parole dolci, e soprattutto si guardano dal confidarle segreti di sorta”.
….nel complesso l’esperienza è stata piacevole, ma direi un po’ troppo piccolo l’ambiente e se da curare un pochino di più nei particolari, ma assolutamente luogo incantevole da provare per un week end a contatto con la natura
Il nostro secondo anno di formazione del Master in Travel Coaching è iniziato con una meta inconsueta ed
inaspettata: Genova. Genova per me negli anni è sempre stata solo una sosta veloce, un punto di partenza per partire alla visita di altri parti di Liguria. Mi incuriosisce la scelta di Ilaria: dare il là al nostro secondo anno di formazione proprio da qui! Vivo questa scelta come un’opportunità, una meta da scoprire che molto probabilmente non avrei mai scelto di visitare se non fosse stata inserita tra le mete dei nostri sei magici week end formativi.
Non appena Ilaria ci ha detto che sarebbe stata la nostra meta mi si sono allertate le “antenne” alla ricerca
di un libro che mi facesse “annusare “dalle sue pagine lo spirito e l’energia della città in attesa di visitarla.
Ho scelto un volume impegnativo – Aldo Padovano – Il Giro di Genova in 501 luoghi – la città come non l’avete mai vista.
L’autore è uno storico, scrittore, regista straordinario e originario di Genova e quindi grande conoscitore dei caruggi. È un libro ricco di suggestioni e di curiosità ma soprattutto è un libro che fa esclamare “Ma Dai!!!”, o almeno a io l’ho pensato più volte mentre “bighellonavo” tra le sue pagine durante il mio viaggio in treno Roma/Genova ….

Genova e questo libro mi hanno regalato un nuovo modo di approcciarmi al luogo: il perdersi, il gironzolare e il vagabondare per le strade della città lasciandosi sorprendere e assaporandone l’essenza senza
programmi e senza aspettative …. Allo stesso modo è stato divertente sfogliare le pagine del libro e fermarsi a leggere in maniera approfondita la storia del titolo evocativo.
Come sarebbe per te provare a leggere una guida o visitare un luogo in modalità “Ma Dai?”. Una modalità che in cui ti permetti di esplorare il mondo con quel misto di mancanza di aspettativa e di apertura alle infinite possibilità che ci posso venire incontro mentre svoltiamo l’angolo di un palazzo o sorprendendoci da una intuizione o da una suggestione che può arrivare sfogliando le pagina di un libro.
Cosa accadrebbe se ci lasciassimo catturare da una frase e/o dal titolo di un capitolo, e cogliere nella narrazione qualcosa che parla anche di te, che ti incuriosisce e ti invita ad un incontro con il luogo?
Si incontra questo curioso fenomeno nel racconto della “sirena” di piazza Soziglia: “ La fontana doveva essere completata nella parte terminale da una sirena scolpita in marmo da Gian Giacomo Paracca di Valsolda., Piazza Soziglia all’epoca più che dal popolo era frequentata dai nobili ai quali all’epoca più che dal popolo era frequentata dai nobili ai quali non garbava che nel luogo del loro passaggio si levassero continuamente spruzzi e men che meno sopportavano l’andirivieni del popolino intento ad attingere l’acqua. Per cercare di ovviare a tale inconveniente il 16 luglio fu pubblicato un proclama secondo cui era vietato servirsi dell’acqua della fontana “per lavar panni, bagnar vasi o caratelli, verdure, abbeverarvi animali, ecc”. Nel 1589 – poiché l’acqua continuava ad allargare la piazza disturbando anche l’attività delle botteghe circostanti – fu deliberato di vendere la Sirena e trasferire il “barchile” nell’attigua piazza Lavagna, allora dalle dimensioni molto più ristrette dell’attuale.
La statua della sirena era sparita da tempo nessuno se ne preoccupava. Viene data dunque facoltà al Lomellini
di rintracciarla o di farne fare un’altra. La sirena non fu più ritrovata, e così si dovette sostituirla con una nuova statua”.
Ma come fa notare Aldo Padovano i traslochi di arredi urbani in questa città vanno ben oltre le fontane …: “non vorrei ripetermi, ma devo registrare in città un ennesimo “trasloco” da un luogo all’altro di uno degli elementi di quello che oggi viene definito nel gergo “architettese”, “arredo urbano”. … Spesso, nel descrivere i luoghi di questa città abbiamo sottolineato il fatto che le fontane, i portali e financo le porte delle cinte murarie sono state costrette a traslocare in altre zone per nuove esigenze urbanistiche.
Ma che una che una chiesa sia stata ricostruita se non con le stesse pietre, ma assolutamente identica a qualche chilometro dal sito originario, è veramente insolito. È capitato alla Nostra Signora del Rimedio, oggi in
piazza Alimonda”.
Che suggestioni ti arrivano?
Ti senti spaesato dal mutamento, dalla perdita di punti di riferimento o sei divertito e incuriosito?
Che ne dici, ti va di disegnare una mappa seguendo gli spostamenti dei pezzi di arredi urbani?
Se andassi in giro per la città, unendo i puntini dei monumenti e delle piazze alla ricerca degli “arredi erranti “, si mostrerebbe un disegno?
E se sì, quale? Cosa dice di te questa mappa simbolica.

Questo percorso insolito, un giro attraverso 501 luoghi, è rivolto anche a chi Genova la vive e la conosce.
Visitandola in modalità “Ma Dai” si può anche incontrare “Genova e la sua “grande bellezza”: i colori, le luci, le suggestioni e la storia, i suoi vicoli così vivi e pulsanti. Genova e le sue anime: una città di mare, di cultura, arte e innovazione, unica e autentica. Il turismo nella città ligure aumenta di anno in anno, e i luoghi da scoprire sono molti e spesso poco conosciuti”.

L’anima orgogliosa e battagliera di questo popolo che così parla al visitatore in prima persona – lo ammoniva circa le sue intenzioni. Questa iscrizione si trova su una lapide attergata a una delle due torri di Porta Soprana: “Nel nome di Dio Onnipotente, Padre Figlio e Spirito Santo. Amen/Sono difesa da uomini, circondata da mirabili mura/e con il mio valore scaccio lontano i dardi nemici. / se porti pace, puoi toccare pure queste porte, /se mi muovi guerra, triste e battuto ti ritirerai. /il Meridione e il Ponente, il Settentrione e l’Oriente sanno/su quali enormi moti di guerra io Genova ho sostenuta vittoriosa.”;
lo spirito pittoresco e bohemien di Bocadasse: “questo antico borgo di pescatori, questa profonda e naturale insenatura è posta al termine orientale di corso Italia, la lunga e tortuosa passeggiata carreggiabile che si snoda dalla foce del torrente Bisagno ai confini del quartiere di Sturla. … Bocadasse conserva ancora quasi completamente intatte le sue caratteristiche originarie: le pittoresche abitazioni, il porticciolo, la spiaggetta, le barche e financo gli abitanti, una comunità variegata ma piuttosto compatta, che si tramanda di generazione in generazione le proprie abitudini: il sole, i gatti, la pesca, l’ozio.


l’ingegno innovativo dell’’ascensore di Montegalletto: “Nel 1929, per collegare rapidamente la stazione ferroviaria di Principe con il quartiere che si era sviluppato attorno alla parte superiore di Montegalletto, si decise di realizzare un ascensore pubblico che, superando un dislivello di 70 metri, permettesse in pochi minuti di arrivare a destinazione. Era necessario percorrere un tunnel sotterraneo di circa 300 metri per raggiungere le ……è il risultato dell’originale combinazione di una funicolare con un ascensore.
Le due cabine hanno una partenza simultanea: quando la prima, iniziando la sua corsa dall’ingresso di Principe, percorre la galleria orizzontalmente, la seconda comincia la discesa da corso Dogali; le cabine si incontrano alla base della cavità: quella che arriva dall’alto diventa di fatto una funicolare e continua il suo percorso in piano verso
l’uscita. Quella in salita, posizionata sul piano dell’ascensore., è sollevata verso la stazione a monte
lo sguardo benevolo di una divinità protettrice, simbolo della città, la lanterna: “Guardavo, nella notte, ad occidente, il grande lume palpitante della Torre di Capo di Faro; il lume che ha, pur nella regolarità isocroma del suo lampeggiamento, qualcosa di così misteriosamente umano. Un lampo bianco, poi un buio breve;
come un occhio che vi si abbassino sopra le ciglia… così descriveva nel 1953 il faro della Lanterna di Genova lo scrittore e giornalista genovese Giovanni Ansaldo. Questa torre alta 76 metri (raggiunge i 7, compreso lo scoglio su cui poggia) è dal 1128, l’anno della sua costruzione, il simbolo della città. Il poeta dialettale del secolo scorso Edoardo Firpo paragonava la luce della Lanterna a un altro corpo celeste
”Quando là sulla marina/batte la luna piena/e tutto brilla il mare/e verso Capo Mele/bianche si vedono le vele/ come se ci fosse il sole, /quella lanterna rigida/ inutile vi pare/. Ma non è così quando, / buio come in bocca al lupo, /urlano i marosi e le raffiche…/ Ecco che allora diventa/Accesa più che il sole, /una divinità…”


il Museo delle culture, ideato e costruito dal capitano Enrico Albertis che viaggiando per mare e per terra tra Otto e Novecento, il capitano ha racchiuso il mondo nella sua dimora” il suo castello testimonia il fascino che i mondi lontani da lui visitati hanno esercitato sul suo spirito, impregnato di “genovesità” e amore per il mare e altrettanta curiosità verso l’ignoto e l’intentato”. Così esortava Il Capitano Enrico Alberto D’Albertis : “Oh giovani italiani, che avete salute, tempo e denaro, viaggiate, viaggiate, viaggiate senza aspettare l’età della prudenza forzata, dagli acciacchi e dal rimpianto”.
Visitare Genova con questa modalità, ci invita a sorprenderci ed a scoprire Una città incantevole al primo sguardo e che sorprende ad ogni visita. Un viaggio nei luoghi più magici e rappresentativi che ci potrebbe permettere di scoprire le nostre voci interne !!
È il faro più importante d’Italia, aiuta le navi e perfino gli aerei a trovare la giusta via: la Lanterna di Genova, così come viene chiamata da tutti, è il simbolo della città più importante del commercio marittimo del nostro Paese.














Alta ben 77 metri, più volte danneggiata e altrettante ricostruita, regala un bellissimo panorama dalla prima cornice accessibile al pubblico. Ma la Lanterna non offre solo questo: qui vi raccontiamo tutto quello che c’è da sapere sul simbolo della Superba.
La Lanterna si trova su quel che resta del vecchio promontorio di San Benigno, una piccola collina rasa poi al suolo a inizio del secolo scorso per far spazio al porto ed allo sviluppo del quartiere di Sampierdarena. Il maestoso faro si raggiunge infatti solo attraverso un camminamento costruito nel 2001 che per alcuni tratti costeggia le antiche mura della città, risalenti al 1600, per poi ricongiungersi all’antica strada di accesso che termina nella Porta Nuova della Lanterna.
L’antichissimo monumento, secondo alcune fonti, venne fondato nel lontano 1128, quando sulla sua sommità si bruciavano le fascine per orientare i naviganti. Nel 1340 venne dipinto sulla torre inferiore lo stemma della città, la croce di san Giorgio. Nel 1513, durante il dominio francese della città, la Lanterna venne pesantemente danneggiata durante i combattimenti tra l’esercito francese di Luigi XII e i genovesi guidati dal comandante Andrea Doria, per liberare il porto assediato e distruggere il Forte delle Briglie costruito dai nemici. Nel 1543 acquistò il suo aspetto definitivo, per volere del doge. Subì ancora danneggiamenti per cause belliche dalla fine del 1600 fino alla II Guerra Mondiale, ma ogni volta è stata poi restaurata e sta lì, a simboleggiare l’orgoglio dei genovesi. Alla fine del ‘700 venne dotata di un parafulmine e a metà ‘800 venne arricchita di un nuovo sistema di illuminazione. Nel 1936 si passò all’illuminazione elettrica e negli anni ’70 venne dotata di un fanale intermittente rosso per orientare gli aerei del vicino aeroporto.
La Lanterna è aperta da martedì a domenica: in caso di allerta arancione o temporali però le visite sono sospese; verificate quindi le condizioni meteo per evitare di trovarla chiusa. Per arrivare prendete l’autobus n.1 e scendete al Terminal Traghetti. (fermata Dinegro). Da qui, seguite le frecce rosse indicate per terra nel parcheggio del terminal per giungere all’inizio del camminamento. Il costo del biglietto, comprensivo di parco e museo, è di 6€ e sono previste agevolazioni.















Boccadasse è un antico borgo marinaro della città di Genova, che fa parte del quartiere di Albaro.
Il nome deriverebbe dalla forma della piccola baia: Boccadasse significherebbe bocca d’asino (bocca d’azë).
Secondo una leggenda, il borgo pare sia stato fondato intorno all’anno 1000 da alcuni pescatori spagnoli che, colti da una tempesta, trovarono rifugio in questa insenatura. Dal nome del loro capitano (De Odero o Donderos), sarebbe derivato il cognome Dodero, ancora oggi diffuso nella zona.
Con le sue case dalle tinte pastello, addossate le une alle altre e strette attorno ad una piccola baia, anche se ormai circondato dal contesto cittadino, il borgo si è conservato pressoché immutato nel tempo, come lo si sarebbe potuto vedere uno o due secoli fa, circostanza che ne ha fatto una delle più note attrattive turistiche genovesi.
La grande suggestione di questo luogo è dovuta anche al fatto che non si tratta di una semplice conservazione del passato ad uso turistico, ma di un borgo vivo e vitale, dove ancora alcuni pescatori continuano la loro antica attività.
Oggi, accanto a loro, ci sono gelaterie, ristoranti e piccole gallerie d’arte.
Boccadasse è il tradizionale punto di arrivo delle passeggiate dei genovesi in Corso Italia, il frequentato lungomare che dalla Foce attraversa tutto il quartiere di Albaro e termina in corrispondenza della chiesa dedicata a Sant’Antonio di Padova, dove sono conservati numerosi ex voto legati a drammi della gente di mare. Sul retro della chiesa si trova una piazzetta panoramica intitolata al poeta Edoardo Firpo dalla quale si può godere il panorama del sottostante borgo marinaro.
Dal Belvedere Firpo si accede al borgo, attraverso un scalinata oppure percorrendo la via Aurora, una tipica “crêuza” ligure. Un’altra “crêuza” a levante della piazzetta risale al capo di S. Chiara per poi ridiscendere a Vernazzola, frazione del quartiere di Sturla e antico punto di approdo al quale faceva capo la via che portava nell’entroterra attraverso la valle Sturla.
Dal belvedere in cima al Capo Santa Chiara, sovrastato dal castello Türcke, costruzione medioevaleggiante in stile Liberty, costruito nel 1903 su progetto di Gino Coppedè, si può godere un ampio panorama sul levante genovese fino al promontorio di Portofino.






Albaro è un quartiere residenziale che si estende sopra la zona di Corso Italia e Boccadasse.
Fin dal XVI secolo è stato arricchito da splendide residenze volute dai governanti della Repubblica di Genova, che hanno anche contribuito a costellare la zona di rigogliosi spazi verdi grazie a giardini e parchi ben curati.
Sono molte le ville storiche della zona, come villa Saluzzo-Bombrini, conosciuta come “il Paradiso”, o la villa Saluzzo-Mongiardino nella quale abitò alcuni mesi George Byron, oppure ancora villa Bagnarello, dimora del soggiorno genovese di un altro celebre artista: Charles Dickens.
Tra le residenze illustri meglio conservate vanno citate anche villa Giustiniani-Cambiaso, con un grande parco, oggi riconvertita a sede dell’Università di Genova, e villa Sauli Bombrini Doria, che ospita il Conservatorio Niccolò Paganini.
Ad Albaro si trova anche un’imponente scalinata in stile liberty intitolata a Giorgio Borghese, la quale porta ad un belvedere affacciato sul mare che offre una suggestiva panoramica sul levante di Genova.
Tra i molti edifici religiosi e di interesse artistico della zona, si annoverano la chiesa dei Santi Nazario e Celso e la chiesa di San Francesco d’Albaro, edificata nel 1324; e la chiesa in stile romanico-gotico intitolata a Santa Maria del Prato, risalente addirittura al 1172, costruita grazie alle sovvenzioni di ricchi genovesi.
In quest’area, spostandosi ancora verso levante, si incontrano i quartieri di Sturla, Borgoratti e San Martino.
Sturla, attraversata dal fiume omonimo che sfocia nel golfo, un tempo è stata borgo di pescatori, mentre oggi ospita molte strutture balneari e campi attrezzati per attività sportive. Borgoratti, invece, è stato un antico borgo rurale. A Borgoratti il poeta genovese Giorgio Caproni ha dedicato un componimento compreso in “Come un’allegoria” del 1936.
El Spa è la day spa nel cuore di Roma: hammam tradizionale, massaggi, sentieri di coppia, rituali delle più antiche tradizioni per donarti il benessere nel modo più lieve e naturale, coccolato da professionisti. Un ambiente raffinato e suggestivo in cui sei protagonista del tuo tempo.
Noi ci siamo regalati un percorso di due ore e mezza
Il percorso inizia con l’antico rituale arabo dell’hammam. Abbiamo stazionano inizialmente nel calidarium, una stanza di vapore caldo a 40°. Dopo circa 20 minuti viene effettuato con un guanto ruvido un profondo scrub della pelle: in questo modo vengono eliminate le cellule morte, con un effetto rigenerante sulla pelle che diventa luminosissima. Il rituale prosegue con il tradizionale savonage con il prezioso savon noir Cinq Mondes ed il lavaggio, effettuato mediante abbondanti ed energiche abluzioni. La sensazione è quella di essere lavati e coccolati come dei neonati.
Segue il bagno nelle suggestive nelle vasche di El: in un’atmosfera densa di vapore, ci si immerge in acque dalle proprietà rigeneranti. Il passaggio dal calidarium (vasca calda) al frigidarium (vasca fredda), secondo l’antica tradizione delle terme romane, ha un effetto stimolante per la circolazione.
Una volta scelto l’olio essenziale dalla fragranza più gradita, si prosegue con un massaggio rigenerante di 30 min., per ristabilire il naturale equilibrio corpo-mente.
Infine, rigenerati e purificati, nella sala relax potrete assaporare tè verde alla menta o tisane.



