NOVALESA (Antonella Giroldini)

Novalesa, molto vicino a Susa e ancora più al Moncenisio, vanta una posizione strategica che gli conferisce bellezza naturalistica ed estrema comodità per raggiungere le mete escursionistiche più attrattive della zona. Gli amanti della montagna e della storia di questo tratto di arco alpino non possono non dedicare una visita al Museo di vita montana, in Val Cenischia, dov’è possibile ammirare l’autentico aspetto di “casa” pronta ad accogliere chi vuole fare un tuffo nel passato.

Fino alla costruzione dell’attuale strada per il valico, voluta da Napoleone Bonaparte, il borgo di Novalesa costituiva il punto di arrivo della strada carrozzabile che giungeva da Torino e da esso si dipartiva la Strada Reale, una mulattiera percorribile tutt’oggi che conduceva al Moncenisio. Lungo l’antica via Maestra, ancora oggi cuore della comunità, si affacciavano numerosi alberghi, locande e luoghi di riferimento per i viaggiatori che qui sostavano.

Le tracce sono visibili non solo nelle architetture tradizionali delle case che prospettano lungo la via centrale del borgo e all’interno dei vicoli e delle corti ma anche da un notevole apparato di affreschi che ne abbellisce le facciate. Accanto alla chiesa parrocchiale è visibile il ciclo affrescato raffigurante i Vizi, le Virtù e le Pene Infernali, opera del maestro Gioffrey del 1714 riportando modelli iconografici ancora tardo medievali. A breve distanza troviamo la Casa degli Affreschi (XIV sec.), un antico albergo sulla cui facciata esterna è posta una teoria di stemmi di Casa Savoia e degli altri Stati europei dell’epoca, e l’albergo dove soggiornò anche Napoleone Bonaparte, l’Ecu de France / Epée Royale con l’ampio scalone con balaustrate in legno. Al termine della via Maestra la cappella di San Sebastiano (XVII secolo) ospita al proprio interno il presepe artistico permanente di Novalesa.

La parrocchiale di Santo Stefano (XIII secolo), ricostruita nel 1684, conserva numerose testimonianze d’arte che la rendono uno dei più significativi monumenti ecclesiastici della Valle di Susa. La parrocchiale custodisce eccezionali opere d’arte, tra tutte il raffinato polittico di fine Quattrocento attribuito al tolosano Anthoyne de Lhonye; e cinque dipinti donati nel 1805 da Napoleone Bonaparte all’Ospizio del Moncenisio e successivamente traslati: la Deposizione attribuita alla bottega cremonese di Giulio Campi; l’Adorazione dei Magi, copia di scuola del Rubens; l’Adorazione dei pastori di François Lemoyne (1721); la Crocifissione di San Pietro, copia antica dell’originale caravaggesco del 1601, e la Deposizione di Cristo dalla croce, replica da un originale di Dirck van Baburen, il Martirio di Santo Stefano del cheraschese Sebastiano Taricco. Nell’area presbiteriale è conservato uno dei manufatti più antichi dell’abbazia di Novalesa, l’urna reliquiario di S. Eldrado (XII sec.), un capolavoro di oreficeria mosano-renana.

Accanto alla parrocchiale, la cappella del SS. Sacramento (1597) ospita dal 2002 il Museo di Arte Religiosa Alpina, una delle sedi del Sistema Museale Diocesano: sono raccolti oreficeria, tessili e dipinti provenienti dalla parrocchiale e dalle cappelle del territorio di Novalesa.

L’abbazia dei S.S. Pietro e Andrea (726 d.C.) è situata a pochi chilometri dal borgo di Novalesa e sorge ai margini della via di transito per il colle del Moncenisio. Il percorso plurisecolare si legge attraverso gli edifici del complesso monastico che mostrano i segni delle vicende costruttive e decorative che si sono succedute dall’alto medioevo al XIX. Dal 2009, con l’apertura del Museo Archeologico, l’Abbazia di Novalesa è al momento uno dei complessi monastici europei di cui sono meglio note le strutture materiali entro le quali si è svolta nei secoli la vicenda spirituale della comunità.

CASCATELLE DI CANNETO (Antonella Giroldini)

Il sentiero delle acque di Val Canneto
Un bellissimo itinerario che attraversa la Val Canneto tra boschi secolari e spettacolari cascate; con la possibilità di salire, per i più arditi, fino al valico di Forca Resuni.


Partiamo nei pressi del Santuario di Canneto (Madonna Nera), vicino a Settefrati, percorrendo un comodo sentiero che sale dolcemente all’ombra di grandi faggete. Poco dopo cominciamo a sentire la voce del fiume Melfa e ci troviamo al cospetto di una prima cascata, tra salti di roccia e acque cristalline… Ma è solo l’inizio! Tutta la prima parte del percorso costeggia il fiume incrociando refrigeranti cascatelle, limpide pozze e giochi d’acqua fino a raggiungere la cascata dedicata a Giovanni Paolo II, che è stato qui in meditazione nel 2008. Proseguiamo tra bosco e acqua fino alle sorgenti, che zampillano in una verde vallata. In questo paesaggio paradisiaco possiamo godere tutti di una meritata pausa, poi, chi se la sente, può proseguire verso i Tre Confini e salire al Rifugio di Forca Resuni.
In questa parte del percorso il paesaggio si trasforma: il sentiero si fa aspro e roccioso, e si inerpica abbastanza ripidamente tra pini mughi e magnifiche vedute sui monti d’intorno. Arrivati al valico di Forca Resuni (1952 m), ogni sforzo sarà ripagato dalla bellezza dei panorami, con il monte Petroso che incombe proprio sopra al rifugio e l’apertura sulla valle Iannanghera, la Camosciara e il lago di Barrea. Scendendo per lo stesso sentiero, raggiungiamo chi ha preferito riposare e, tutti insieme, completiamo la via del ritorno.
Prima dell’immancabile terzo tempo, faremo una sosta per visitare il santuario.

WEEK END A SPERLONGA (Antonella Giroldini)

Sperlonga sorge su uno sperone di roccia, la parte finale dei monti Aurunci, che si protende nel mar Tirreno e nel golfo di Gaeta confluendo nel monte di San Magno.

Il territorio circostante è perlopiù pianeggiante. La spiaggia di fine e dorata sabbia bianca si alterna a vari speroni di roccia che si gettano in mare, formando calette meravigliose, spesso raggiungibili solo in barca. Queste formazioni rocciose sono presenti a sud della cittadina, in direzione del promontorio di Gaeta.

IL SANTUARIO SANTA MARIA DEL CANNETO (Antonella Giroldini)

Nei pressi del santuario, alle sorgenti del Melfa, nel 1958 furono rinvenuti i resti di un tempio dedicato alla dea Mefite, con monete ed ex voto fittili risalenti al III secolo a.C.
                                                   
Nel 1974, a meno di un chilometro dal centro abitato, in località Casa Firma furono rinvenute alcune sepolture con vasellame e una piccola moneta divisionale, oltre ai resti di un pavimento in mattoncini a spina di pesce: il tutto probabilmente appartenente a una villa rustica romana risalente all’epoca tardo-imperiale.

Il Santuario di Canneto (nome ufficiale Basilica pontificia minore di Maria Santissima di Canneto) sorge nel territorio di Settefrati a 1030 m s.l.m., a circa 10 chilometri di strada carrozzabile dal centro del paese. L’attuale edificio di culto conserva scarsissime testimonianze delle epoche precedenti.

La facciata della Basilica in pietra con ingresso centrale e due entrate laterali. Dinanzi alla facciata si apre un portico con cinque arcate e campate voltate a crociera. Il portone principale è inquadrato dalla cornice del vecchio portale, realizzata durante i restauri del 1857, con un’ epigrafe in latino che documenta quei lavori, posta sull’architrave. La sopraelevazione centrale della facciata è sormontata da un timpano, recante al centro lo stemma della basilica. Il portone principale, realizzato nel 2015 in bronzo, riporta in rilievo la statua della Madonna di Canneto venerata dai pellegrini

La facciata risale agli anni venti del secolo scorso, e tutto il resto del santuario è stato completamente rifatto negli anni settanta, con una linea architettonica che ha dato luogo a molte polemiche circa l’effetto devastante che l’insieme rappresenta per il paesaggio.

Altri interventi (abside e trono marmoreo della Madonna) erano stati effettuati nel secondo dopoguerra. Nel piano sotterraneo del santuario sono conservati pochi elementi architettonici del secolo scorso, tra cui il vecchio portale di ingresso su cui un’iscrizione tramanda la memoria del rifacimento compiuto nel 1857 per la munificenza del re Ferdinando II di Borbone, e una discreta collezione di ex voto.

La statua della Madonna di Canneto

Molto più antica è la statua di legno di tiglio, rivestita più recentemente da un manto di seta ricamato in oro e incoronata con una corona d’oro, anch’essa recente. Il Bambino è tenuto a sinistra. Secondo gli studiosi la statua, che in origine aveva una postura seduta in trono e teneva il Bambino al centro, potrebbe risalire al XII o XIII secolo ed essere inquadrata nell’arte medievale abruzzese.

La proibizione di spostare la statua, sancita dalla leggenda del Capo della Madonna e dell’appesantimento, e quindi dell’espressa volontà della Vergine di non essere allontanata da Canneto, fu interrotta nel 1948, quando fu portata in pellegrinaggio nei paesi disastrati dagli eventi della guerra, quasi a confortare le popolazioni. Una seconda peregrinatio si è avuta nel 2000 in occasione del Giubileo del 2000 e la terza importante dal 27 settembre 2014 al 26 luglio 2015 quando la Vergine Bruna ha attraversato tutte le parrocchie della Diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo e alcune parrocchie che partecipano al pellegrinaggio del 22 agosto della diocesi di Isernia-Venafro.

Il pellegrinaggio al santuario di Canneto si svolge durante tutta la buona stagione, e tocca il suo culmine ad agosto. Il 18 agosto una riproduzione della statua viene portata in processione da Settefrati al santuario, per tornarvi il 22, sempre processionalmente.

A parte le visite individuali, i fedeli, per antica tradizione, giungono a Canneto organizzati in “compagnie”, precedute dai loro stendardi, più o meno numerose (da poche decine fino a 400 o 500 membri). Provengono dai paesi del Cassinate, del Sorano, della province di Roma, Latina, Caserta, Isernia, L’Aquila. Alcune arrivano a piedi, lungo i sentieri dei monti; di recente il pellegrinaggio a piedi ha conosciuto un certo revival, anche ad opera delle nuove generazioni.

Il pomeriggio del 21 agosto tutte le compagnie presenti sfilano in una grandiosa processione eucaristica che si reca verso le sorgenti del Melfa. Dal 21 pomeriggio comincia il ritorno verso casa: quelle che passano da Settefrati la mattina del 22 sono solite sfilare anche in paese recandosi nella chiesa parrocchiale. In passato i pellegrini compivano nel santuario o nei dintorni diversi rituali, oggi presenti in forma residuale, ma non scomparsi del tutto.

All’arrivo molti usavano fare gli ultimi metri in ginocchio, e quando lasciavano la chiesa camminavano a ritroso per non voltare le spalle alla Vergine. Altre consuetudini erano da una parte la ricerca delle “stellucce” della Madonna alla sorgente di Capodacqua, dove si diceva ci fossero le schegge che l’anello della Signora aveva lasciato a contatto con la roccia, quando aveva fatto sgorgare l’acqua, e dall’altra la “comparanza” che si acquistava immergendosi con i piedi nell’acqua e compiendo alcuni gesti e formule predefiniti e recitando il Pater, Ave, Gloria tenendosi per mano. A questa pratica, a testimonianza di quanto fosse radicata nelle popolazioni, allude in una sua poesia Libero de Libero.  Queste usanze sono in genere documentate dal racconto degli osservatori o dalle disposizioni delle autorità ecclesiastiche che manifestano una certa preoccupazione per gli aspetti superstiziosi e paganeggianti di alcune di esse.

I pellegrini provenienti dall’area sorana associavano la venerazione della Madonna di Canneto con quella di San Domenico di Sora, popolarmente definiti fratello e sorella. Le spoglie di San Domenico, custodite sulla sponda del Fibreno, venivano visitate sulla via del ritorno: questo itinerario è testimoniato anche da una pagina di Cesare Pascarella che sottolinea gli aspetti pittoreschi dell’abbigliamento.

La Valle di Canneto, fitta di boschi prevalentemente di faggio, nella sua parte più alta è zona di riserva integrale del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

Rappresenta una propaggine della Valle di Comino incuneata tra i contrafforti del Massiccio del Meta, e costituisce un percorso naturale dall’area laziale del bacino del Liri verso il bacino del Sangro, in Abruzzo, e, attraverso l’altopiano del Meta, verso il bacino del Volturno in Molise.

Questa posizione ottimale come via di transito ha fatto sì che la  valle assumesse fin dall’epoca pre-romana un ruolo importante per la confluenza e gli scambi delle popolazioni di ambedue i versanti dell’Appennino: ruolo accentuato dalla presenza di miniere di ferro il cui sfruttamento, iniziato nell’antichità, è proseguito fino alla metà del XIX secolo.

SETTEFRATI (Antonella Giroldini)

Settefrati e la Valle di Canneto

Sorge su una montagna preappenninica ad Est della Valle di Comino, nel territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Il borgo medioevale, dalla tipica pianta circolare, è dominato da un’alta torre. E’ sorto sui resti di “Vicus”, antico insediamento preromano e deve il suo nome ai monaci benedettini, che vollero così ricordare i sette figli di Santa Felicita uccisi a Roma durante le persecuzioni contro i Cristiani, nel 164 d.C.

L’ampia ed elegante Piazza del Municipio è un importante punto di ritrovo per i cittadini ed i turisti che visitano Settefrati. Sulla Piazza, caratterizzata da selciato in sanpietrini, affacciano la Sede del Comune e la Chiesa di Santo Stefano. Accanto alla Chiesa si sviluppa una bella scalinata che salendo termina davanti ad un maestoso tiglio. Al centro della piazza si apre una fontana costruita in ricordo del miracolo compiuto dalla Madonna del Canneto, apparsa ad una giovane pastorella, che fece sgorgare l’acqua dalla roccia

Le prime popolazioni che in epoca storica stabilirono la loro residenza nel territorio del comune furono quelle Osche e Umbre, ed in particolare i Volsci, Aurunci, Equi e Sanniti che trovarono in alta Valle di Comino un luogo di incontri.

Alla prima epoca storica (V-VI Sec. a.C.) risale il culto della Dea Mefiti ed il Centro religioso presso le sorgenti del Melfa, in Valle di Canneto, con il tempio dedicato alla stessa dea di cui recenti ritrovamenti hanno accettato l’esistenza.

Il primo insediamento abitativo, di cui restano tracce nell’area dell’attuale centro storico, è quello della città di Vicus, la cui origine si fa risalire ad epoca immediatamente successiva alla distruzione, da parte dei romani, cella città di Cominium (in lingua Osca significa “Luogo di incontro”) nel 293 a.C.

Durante il periodo della dominazione di Roma, la Valle di Canneto mantenne il carattere di luogo d’incontro per le popolazioni dell’Alto Sangro e del Basso Lazio, e di cen­tro religioso, come attestato dall’importanza che continua ad avere il Santuario-OracoIo della Dea Mefiti.

Intorno al V sec. d.C. il primitivo nome di Vicus viene sostituito con Settefrati (abbreviazione di Sette Fratelli) e il tempio presso le sorgenti del Melfa passa dal culto pa­gano a quello cristiano della Madonna di Canneto e da al­lora ha sempre mantenuto le caratteristiche di importante centro religioso per le popolazioni del Lazio, Abruzzo, Mo­lise e Campania.

Dopo la dominazione romana subì le invasioni dei Vi­sigoti, il dominio degli Ostrogoti e Longobardi e, fra l’881 e il 916, numerose scorrerie dei Saraceni. Dall’inizio del IV sec. fino al XII, il territorio fece parte come possedimento dell’Abbazia di San Vincenzo e dell’Abbazia di Montecassino, subendo l’influenza e la colonizzazione dei monaci benedettini.

Con l’affievolirsi della potenza dei Benedettini, il terri­torio di Settefrati fu retto feudalmente  da varie famiglie mentre si succedevano nella regione i domini normanno, svevo, angioino, del Regno di Sicilia; a questa epoca risal­gono gran parte dei resti di fortificazioni ancora esistenti sulla rocca di Settefrati.

Nel 1815 il territorio entra a far parte del Regno delle Due Sicilie ed il regime feudale che, si può dire, si man­tenne fino all’avvento del Regno d’Italia, ostacolò il pro­gresso dell’agricoltura; le misere condizioni dei contadini fino all’inizio di questo secolo furono inoltre tali da favorire il brigantaggio.

 Nel XV sec. il centro subì nume­rosi saccheggi e distruzioni da parte di milizie aragonesi.

Nel 1654 un violento terremoto distrusse quasi total­mente l’abitato che fu poi temporaneamente abbandonato con la peste del 1656.   

Le costruzioni risalgono,  per la maggior parte, ai secc. XVIII e XIX nella loro forma attuale, ma in molti degli edifici sono ancora visibili le strutture originarie e particolari ar­chitettonici medievali. 

Sono anche presenti resti di bastioni e una torre del Xll-XIll sec., nonché resti di murature anteriori, forse anche di epoca pre-romana.

Di notevole importanza è la Chiesa della Madonna del­le Grazie, del sec. X, con soffitto a cassettoni intarsiato e dorato con raffigurante nell’atrio la Visione di Frate Alberico (visione che avrebbe dato a Dante l’ispirazione per la “Divina Commedia”) e nell’interno pitture di Marco di San Germano.

Di notevole importanza religiosa e archeologica è la Valle di Canneto, presso le sorgenti del Melfa, ove, durante i lavori di captazione delle acque per l’alimentazione dell’ acquedotto degli Aurunci, nel 1958, furono portati alla luce, a 12 mt. di profondità, notevoli reperti archeologici (sta­tuette raffiguranti la dea Mefiti risalenti al V-IV sec. a.C., monete di  epoca repubblicana (111 sec. a.C.), tegole ecc.).  

… il Casino Rosso … (Antonella Giroldini)

Il Casino Rosso è un casino di caccia settecentesco, Fino agli anni cinquanta era abitato e adibito ad “azienda agricola”, nella tenuta circostante si allevavano animali e si coltivava la terra. Il restauro è avvenuto nel rispetto della struttura originaria, gli ambienti sono semplici ma ricercati per offrire agli ospiti una dimensione familiare e accogliente. Il casale è disponibile anche per essere utilizzato come location per set fotografici e cinematografici.

SCHEGGINO (Antonella Giroldini)

E’ il paese che vive in più stretta simbiosi con il fiume Nera: le acque lambiscono i caseggiati e il canale artificiale spartisce l’abitato creando una ” liquida suggestione” . Attorno al triangolare castello dominato dall’alta torre , rimangono solo alcuni resti delle robuste mura. La duecentesca Chiesa di S. Nicola , completamente ricostruita alla fine del ‘500, conserva affreschi alquanto deperiti del 1526 – 53. Va ricordato inoltre che grande notorietà deriva a Scheggino per la sua ricchissima e decisamente pregiata di tartufi.

 

LE SPIAGGE DI PONZA (Antonella Giroldini)

SPIAGGE DI PONZA

Il modo migliore per andare al mare a Ponza è farlo in barca oppure in canoa. Al porto di Ponza (oppure nei vari porticcioli dell’isola, come quello di Santa Maria) si possono affittare i gozzi o i gommoni per circumnavigare l’isola e fermarsi a fare il bagno nei posti più belli.

Servizi di taxi boat sono presenti anche in altre spiagge e cale dell’isola dove ci sono stabilimenti balneari, come il Falco al Fontone oppure Cala dell’acqua dove si possono affittare gommoni e canoe a prezzi accettabili.

Alcune spiagge sono raggiungibili anche a piedi. In alcuni casi è necessario scarpinare e prepararsi a fare tante scale, in altri l’accesso al mare è più semplice.

Qui sotto trovate alcune delle spiagge più belle ed imperdibili di Ponza.

 

Chiaia di Luna è la spiaggia più grande e bella di Ponza. Un tunnel scavato nel tufo in epoca romana permetteva di raggiungere la spiaggia a piedi. Oggi non è più possibile, ma la spiaggia è ancora raggiungibile via mare.

 

La spiaggia del Frontone è riparata da una roccia a picco che assomiglia al frontone di un tempio greco. E’ considerata la spiaggia del divertimento perché all’ora dell’aperitivo il chiringuito si trasforma in una discoteca estiva con happy hour.

Per raggiungerla si cammina sulla provinciale Ponza – Le Forna ed arrivati a Tre Venti si va a destra e poi a sinistra sulla sterrata che porta al museo etnografico “Conte Agostino” ed alla spiaggia.

  • SPIAGGETTA DI SANTA MARIA

Santa Maria è una piccola frazione di Ponza. Si trova ad una decina di km dal centro ed ha un piccolo porto da cui partono le barche per le escurioni dell’isola e delle vicine Palmarola e Zannone. La spiaggetta è stretta, di ciottoli e riparata.

Cala Feola è l’unica spiaggia di sabbia di Ponza. E’ piccola ed il fondale è basso, adatto anche ai bambini. C’è un chiosco attrezzato e si raggiunge in barca oppure a piedi percorrendo un breve sentiero e delle scalinate facili.

Da Punta Incenso, anche questa raggiungibile a piedi, si arriva a Cala le Felici. In barca invece si raggiunge Cala Felce dove c’è un mare paradisiaco praticamente deserto.

Cala Gaetano e Cala dell’acqua sono piccole calette dove c’è una striscia sottile di massi e ciottoli per prendere il sole ed entrare facilmente in acqua. Cala Fonte è una delle spiagge più belle di Ponza, frequentata anche dalle famiglie con i bambini. Purtroppo a fine dicembre 2017 ha subito un grave crollo (prima di andarci è consigliato informarsi sullo stato della cala).

Cala Del Core è conosciuta come la spiaggia più romantica di Ponza ed un must see per le coppie che vanno a Ponza. Sulla parete rocciosa che sovrasta la cala c’è una forma che ricorda quella di un cuore ed una leggenda isolana ricorda il dolore e la passione dell’amore intenso.

SPIAGGE PRIVATE DI PONZA

Tra le spiagge attrezzate di Ponza la più nota è frequentata è quella del Frontone che si raggiunge facilmente e, al paesaggio incredibile di cala Frontone, aggiunge un chiringuito di tendenza. Alla spiaggia del Frontone però noi preferiamo La caletta dove c’è meno gente, i prezzi sono decisamente più bassi e vengono serviti frutta fresca e giornali gratis!

SPIAGGE DI PONZA A PIEDI

La maggior parte delle spiagge di Ponza si raggiungono in barca e in canoa. Chi non ha voglia di spendere soldi per questo mezzo o semplicemente vuole passare una giornata con i piedi per terra ha comunque molto da fare a Ponza e tante spiagge tra cui scegliere.

Sull’isola ci sono 9 bellissime spiagge e calette che si raggiungono via terra. La nostra preferita è Cala Fonte (che si raggiunge anche con un apposito servizio navetta dal porto – ha subito recentemente un crollo, quindi informatevi prima di andare).

Lo Scoglio della Tartaruga è forse la meno affollata tra le calette da raggiungere a piedi, mentre Cala Feola è l’unica spiaggia di sabbia di Ponza, probabilmente la più adatta a chi va al mare sull’isola con i bambini.

Cala Cecata si raggiunge con una scalinata ricavata nella roccia e colorata con installazioni fatte con materiali di recupero portati dal mare. Non c’è una vera e propria spiaggia, ma una piattaforma di roccia con accesso facile al mare. E’ una delle meno affollate e più belle tra quelle raggiungibili a piedi.

COME GIRARE A PONZA

Il modo migliore per muoversi a Ponza è farlo in barca oppure in canoa. All’interno dell’isola ci si sposta a piedi o con le navette del comune di Ponza che offrono un servizio regolare che raggiunge i principali punti di interesse. Sul sito del municipio di Ponza trovate tutte le info e gli orari degli autobus.

Scoprire Ponza in bicicletta è un’ottima idea per chi è abbastanza allenato. Le strade che attraversano le zone più interne dell’isola sono strade in salita e discesa e solitamente sterrate.

Decisamente non vale la pena portare con sé la macchina, anche perché in estate è vietato guidare ai non residenti. Poco male perché  Ponza non si gira bene in auto ed il trasporto è troppo costoso rispetto ai vantaggi. Vale invece la pena portarsi il motorino perché potrebbe essere meno costoso che affittarlo sull’isola. Oltre ai motorini si trovano posti dove affittare i menhari, perfetti per girare la Ponza sterrata e selvaggia.

COME VISITARE PONZA SPENDENDO POCO

Partiamo dal presupposto che Ponza è cara e turistica. Ci sono però dei modi per spendere meno e soprattutto per non prendere fregature. L’ideale è evitare la zona del porto che è la più turistica e spostarsi nel nord dell’isola che è la zona più economica oltre ad essere molto più rilassata (Le Forna).

Tutti i tour, i supermercati e i noleggi (di barche e gommoni) costano di più nella zona del porto, che è quella oltre la quale non si spostano i turisti mordi e fuggi che visitano Ponza in giornata. Qui trovate tutte le info su Come visitare Ponza e sulle cose da non fare a Ponza.

 

TALAMONE (Antonella Giroldini)

Su uno scosceso promontorio roccioso all’estremità meridionale dei monti dell’Uccellina, tra Maremma, Argentario e, di fronte all’isola del Giglio, è vivace borgo di pescatori, di bagni e di storia: nel corso della spedizione dei Mille, il 7 maggio 1860 vi approdò Garibaldi per rifornirsi di munizioni. Sovrasta l’abitato l’imponente rocca senese ( del ‘400) , in pietra grigia, tradizionalmente attribuita al Sasseta; di interesse naturalistico l’Acquario della Laguna di Orbetello. Sul colle di Talamone, resti dell’antico insediamento etrusco.

 

L’OASI DELLA PERGOLA (Antonella Giroldini)

Nel XVIII secolo nel cuore dell’Italia, nasce come fattoria Oasi della Pergola. Negli anni è stata trasformata in un agriturismo con servizio hotel ed un proprio ristorante preservando il suo patrimonio storico. Le caratteristiche travi in legno, le mura a vista in pietra e terracotta, sono la testimonianza di un tempo lontano, che oggi può essere goduto con tutte le moderne comodità

Un’oasi vera e propria, immersa in cinque ettari di parco, frutteti, orti e con una fattoria che con i suoi animali fa divertire anche i più piccoli. La struttura offre diverse soluzioni di alloggi, per ogni tipo di necessità: stanze individuali, appartamenti e cottage da 2 o 3 stanze con cucine completamente accessoriate e terrazze coperte.

Inoltre alcuni appartamenti possono essere connessi l’uno con l’altro, offrendo spazi abitativi ancora più grandi, dando così la possibilità agli ospiti a lungo termine, di far alloggiare familiare e amici venuti in visita.

Nei locali delle antiche stalle della struttura, sotto le tradizionali volte a mattone, si trova il ristorante che si distingue per le specialità umbro-toscane. Sarete immersi in un’atmosfera incantata e piacevole, sia al palato che alla vista.

Il ristorante riserva particolare attenzione alla scelta dei prodotti territoriali, e la cucina inoltre offre diete specifiche per chi soffre di intolleranze o allergie alimentari.