FUMONE (Antonella Giroldini )

Fumone è tra i comuni più affascinanti della Ciociaria. Il borgo si erge tra i monti Ernici e quelli Lepini, arroccato su un isolato monte a 783 metri s.l.m. Proprio questa suggestiva vista fu di ispirazione a Curzio Malaparte, nella prima metà del Novecento, per la celebre espressione con cui definì il Comune “Olimpo di Ciociaria”.
Le origini di Fumone sono antiche e sfumano nella leggenda: si è creduto, erroneamente, che essa fosse l’antica antenna degli Ernici, favoloso rifugio di Tarquinio il Superbo in fuga da Roma mentre, più probabilmente, la posizione geograficamente favorevole fu di certo sfruttata dagli Ernici prima e dai Romani poi. Il nome stesso, Fumone, deriva da una pratica militare a scopo difensivo risalente al Medioevo, che prevedeva di far innalzare dall’alta torre di avvistamento una colonna di fumo, segnale dell’arrivo di un imminente pericolo.

Al paese si accede attraverso due ingressi: Porta Romana, la principale, e Porta Napoletana, che invece rappresentava un’uscita di sicurezza. L’edificio più rilevante del centro storico è il Castello Longhi – De Paolis, menzionato per la prima volta in un documento del X secolo, ma probabilmente risalente ad un periodo precedente. Presidio militare prima, prigione pontificia poi, il Castello venne infine acquistato dalla famiglia Longhi, ai cui discendenti tuttora appartiene. Annessi al Castello, troviamo il suggestivo Giardino Pensile, da cui si gode di una splendida vista, e Casa – Museo Ada e Giuseppe Marchetti Longhi, in cui sono conservate collezioni di interesse storico e antropologico. Percorrendo le vie del centro storico si scoprono case, mura, torri, bifore appartenenti al periodo medievale, come i resti di una cucina in via Cavone, un robusto portico in via Torricelle, le tracce di mura poligonali in piazza di Porta Romana e lungo via della Croce. Gli edifici religiosi di principale interesse sono certamente la Chiesa Collegiata della Santissima Maria Annunziata, che risale al XIV secolo e la Chiesa di San Gaugerico, della prima metà del XIV secolo. Da visitare è poi la Riserva Naturale Lago di Canterno, uno dei bacini carsici più estesi del Lazio.

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LAGO DI CANTERNO ( Antonella Giroldini)

Nel cuore del Lazio c’è un lago che, oltre a mostrarsi in tutta la sua bellezza, nasconde più di un mistero: il lago fantasma di Canterno.

Si trova vicino a Fiuggi, il lago di Canterno, quella località in provincia di Frosinone nota per il turismo termale che ogni anno, soprattutto d’estate, è un forte richiamo per chi vuole concedersi una pausa e rigenerarsi durante le vacanze. È il maggiore dei laghi carsici del Lazio: ha una superficie di 0.6 kmq, un perimetro di 4.9 km e una profondità massima di 25 metri.

Lo specchio d’acqua della Ciociaria bagna quattro comuni: Ferentino, Fumone, Fiuggi e Trivigliano. Pur trovandosi nelle vicinanze di trafficate strade provinciali, il Lago di Canterno è riuscito a mantenere intatta tutta la sua atmosfera. È circondato da boschi di querce, cerri e latifoglie e permette ai visitatori di ammirare l’airone cenerino, l’airone rosso e la gallinella d’acqua.

Ad essere avvolta da un alone di mistero è anche la data di formazione del Lago di Canterno. In molti la fanno risalire ai primi anni dell’Ottocento, quando vennero inondate le conche fertili della zona in cui giace attualmente, originariamente occupate da campi coltivati. Un abisso diede il via al processo di riempimento della valletta, durato pochi giorni. L’inondazione mandò in rovina diversi coltivatori del luogo ma fece la fortuna di chi sfruttò al volo l’occasione per diventare pescatore.

Il più grande mistero che avvolge il Lago di Canterno e lo stesso che gli vale l’appellativo di lago fantasma, è un singolare fenomeno di instabilità, dovuto ai momenti in cui il fiume Pertuso si svuotava e si riempiva. Il lago, ad intervalli regolari, si seccava sia parzialmente che in maniera totale, per poi apparire all’improvviso in tutta la sua ampiezza. Si trattava di fasi di prosciugamento che potevano durare giorni, mesi o addirittura anni: la più lunga durò dal 1894 al 1943.

a qui un altro mistero: dove andavano a finire i pesci nei periodi di prosciugamento? L’arcano venne risolto proprio nel 1943, quando si diede il via all’esplorazione del Pertuso. La scoperta fu sbalorditiva: l’inghiottitoio del fiume comunicava con una grotta sotterranea dove i pesci andavano a rifugiarsi durante i periodi di prosciugamento. Nel corso degli anni, grazie ad interventi artificiali, il volume del Lago di Canterno è stato regolarizzato, ma la sua peculiare instabilità non è scomparsa del tutto. Essa continua a manifestarsi anche al giorno d’oggi, seppure in una maniera meno scenografica rispetto al passato ma ancora molto suggestiva. Basta osservare l’alberello solitario che si erge dalle sue acque. Nei periodi di piena appare sommerso e in quelli di secca ne fuoriesce interamente: è lui il testimone involontario del Lago Fantasma di Canterno.

SETTEFRATI (Antonella Giroldini)

Settefrati e la Valle di Canneto

Sorge su una montagna preappenninica ad Est della Valle di Comino, nel territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Il borgo medioevale, dalla tipica pianta circolare, è dominato da un’alta torre. E’ sorto sui resti di “Vicus”, antico insediamento preromano e deve il suo nome ai monaci benedettini, che vollero così ricordare i sette figli di Santa Felicita uccisi a Roma durante le persecuzioni contro i Cristiani, nel 164 d.C.

L’ampia ed elegante Piazza del Municipio è un importante punto di ritrovo per i cittadini ed i turisti che visitano Settefrati. Sulla Piazza, caratterizzata da selciato in sanpietrini, affacciano la Sede del Comune e la Chiesa di Santo Stefano. Accanto alla Chiesa si sviluppa una bella scalinata che salendo termina davanti ad un maestoso tiglio. Al centro della piazza si apre una fontana costruita in ricordo del miracolo compiuto dalla Madonna del Canneto, apparsa ad una giovane pastorella, che fece sgorgare l’acqua dalla roccia

Le prime popolazioni che in epoca storica stabilirono la loro residenza nel territorio del comune furono quelle Osche e Umbre, ed in particolare i Volsci, Aurunci, Equi e Sanniti che trovarono in alta Valle di Comino un luogo di incontri.

Alla prima epoca storica (V-VI Sec. a.C.) risale il culto della Dea Mefiti ed il Centro religioso presso le sorgenti del Melfa, in Valle di Canneto, con il tempio dedicato alla stessa dea di cui recenti ritrovamenti hanno accettato l’esistenza.

Il primo insediamento abitativo, di cui restano tracce nell’area dell’attuale centro storico, è quello della città di Vicus, la cui origine si fa risalire ad epoca immediatamente successiva alla distruzione, da parte dei romani, cella città di Cominium (in lingua Osca significa “Luogo di incontro”) nel 293 a.C.

Durante il periodo della dominazione di Roma, la Valle di Canneto mantenne il carattere di luogo d’incontro per le popolazioni dell’Alto Sangro e del Basso Lazio, e di cen­tro religioso, come attestato dall’importanza che continua ad avere il Santuario-OracoIo della Dea Mefiti.

Intorno al V sec. d.C. il primitivo nome di Vicus viene sostituito con Settefrati (abbreviazione di Sette Fratelli) e il tempio presso le sorgenti del Melfa passa dal culto pa­gano a quello cristiano della Madonna di Canneto e da al­lora ha sempre mantenuto le caratteristiche di importante centro religioso per le popolazioni del Lazio, Abruzzo, Mo­lise e Campania.

Dopo la dominazione romana subì le invasioni dei Vi­sigoti, il dominio degli Ostrogoti e Longobardi e, fra l’881 e il 916, numerose scorrerie dei Saraceni. Dall’inizio del IV sec. fino al XII, il territorio fece parte come possedimento dell’Abbazia di San Vincenzo e dell’Abbazia di Montecassino, subendo l’influenza e la colonizzazione dei monaci benedettini.

Con l’affievolirsi della potenza dei Benedettini, il terri­torio di Settefrati fu retto feudalmente  da varie famiglie mentre si succedevano nella regione i domini normanno, svevo, angioino, del Regno di Sicilia; a questa epoca risal­gono gran parte dei resti di fortificazioni ancora esistenti sulla rocca di Settefrati.

Nel 1815 il territorio entra a far parte del Regno delle Due Sicilie ed il regime feudale che, si può dire, si man­tenne fino all’avvento del Regno d’Italia, ostacolò il pro­gresso dell’agricoltura; le misere condizioni dei contadini fino all’inizio di questo secolo furono inoltre tali da favorire il brigantaggio.

 Nel XV sec. il centro subì nume­rosi saccheggi e distruzioni da parte di milizie aragonesi.

Nel 1654 un violento terremoto distrusse quasi total­mente l’abitato che fu poi temporaneamente abbandonato con la peste del 1656.   

Le costruzioni risalgono,  per la maggior parte, ai secc. XVIII e XIX nella loro forma attuale, ma in molti degli edifici sono ancora visibili le strutture originarie e particolari ar­chitettonici medievali. 

Sono anche presenti resti di bastioni e una torre del Xll-XIll sec., nonché resti di murature anteriori, forse anche di epoca pre-romana.

Di notevole importanza è la Chiesa della Madonna del­le Grazie, del sec. X, con soffitto a cassettoni intarsiato e dorato con raffigurante nell’atrio la Visione di Frate Alberico (visione che avrebbe dato a Dante l’ispirazione per la “Divina Commedia”) e nell’interno pitture di Marco di San Germano.

Di notevole importanza religiosa e archeologica è la Valle di Canneto, presso le sorgenti del Melfa, ove, durante i lavori di captazione delle acque per l’alimentazione dell’ acquedotto degli Aurunci, nel 1958, furono portati alla luce, a 12 mt. di profondità, notevoli reperti archeologici (sta­tuette raffiguranti la dea Mefiti risalenti al V-IV sec. a.C., monete di  epoca repubblicana (111 sec. a.C.), tegole ecc.).  

CRIPTA DELLA CATTEDRALE DI ANAGNI (Antonella Giroldini)

La cripta di Anagni, collocata all’interno della Cattedrale del paese del basso Lazio noto come la città dei Papi, rappresenta un gioiello unico nella storia architettonica e pittorica medievale. Dedicata al patrono della città, San Magno, venne costruita contestualmente alla Chiesa superiore tra la fine dell’XI secolo e l’inizio del XII. Quel che colpisce il visitatore è la bellezza e la magnificenza del ciclo pittorico attribuito a tre maestranze diverse che raffigura non solo un percorso di fede ma il ciclo esistenziale dell’uomo.

Sotto la cattedrale romanica di Anagni si nasconde un tesoro, uno scrigno pittorico di rara bellezza che parte dalla creazione dell’universo costituitosi, secondo la filosofia greca, dalla fusione dei quattro elementi, arrivando fino al giorno del giudizio. Posizionata sotto il presbiterio e divisa in tre navate da colonne poggianti su un meraviglioso pavimento cosmatesco, la cripta di Anagni è coperta da ventuno volte rivestite da affreschi pregevoli e in ottimo stato di conservazione.

Tra le scene dell’Antico Testamento e le immagini tratte dal Nuovo Testamento si trovano infatti affreschi di carattere scientifico-filosofico che raffigurano nella prima volta la ruota dei dodici segni dello zodiaco e, nella seconda, l’uomo nudo intorno a cui si collocano quattro sfere che simboleggiano le quattro età dell’uomo collegate, a loro volta, ai quattro elementi naturali e alle quattro stagioni.

La nascita dell’uomo, così come rappresentata dal punto di vista scientifico, entra per la prima volta all’interno di un edificio sacro e l’astronomia si lega in una mistione perfetta alla fede e alla religione.
Definita dal biblista Gianfranco Ravasi come una piccola cappella Sistina sotterranea, la cripta di Anagni racchiude questo unicum pittorico straordinario, realizzato da tre diverse botteghe di pittori in un arco temporale collocabile tra l’inizio del XII e la metà del XIII secolo.

ALATRI (Antonella Giroldini)

Alatri è sempre una bella scoperta per chi non la conosce. Si rimane ancora sorpresi, e allo stesso tempo affascinati, nello scoprire quanti piccoli gioielli l’Italia nasconda nel suo territorio. Spesso li troviamo immersi nella vegetazione più rigogliosa, per poi vederli spuntare da rocche improvvise o da scogli scoscesi che arrivano fino al profondo mare. Il centro della nostra penisola è ricchissimo di questi piccole perle architettoniche, ma poi scopriamo che lo è anche il sud, e poi il nord. Il Lazio è una di queste terre, fertile di natura e di cultura. Verso il confine con l’Abruzzo, nella pittoresca regione della Ciociaria, alle pendici dei Monti Ernici e posta su una piccola collina, sorge Alatri, in provincia di Frosinone, di circa 29.000 abitanti, uno dei più interessanti centri storici d’Italia.

Secondo la mitologia romana, il dio Saturno, essendo stato spodestato da Giove e cacciato dal Monte Olimpo, giunse in queste terre fondato Alatri ed altre città vicine, chiamate “città saturnie”. Secondo un’alta leggenda, furono invece i Ciclopi a fondare Alatri, gli unici in grado di costruire le sue possenti mura. La storia ha accompagnato questo bel borgo fino a noi, nel corso del tempo, preservandone numerose testimonianze archeologiche. Le prime a richiedere attenzione sono le possenti e misteriose Mura megalitiche di Alatri, alte fino a 20 metri, lunghe 3 km e dotate di cinque porte, il tanto che serviva all’Acropoli per essere difesa. L’Acropoli di Alatri, conosciuta anche come Civita, è ancora lì a farsi ammirare da tutti e lo fa sin dal VI secolo a.C. da quando l’area era abitata dalle popolazioni italiche, gli Ernici, di cui tuttavia si hanno notizie più certe solo dal IV secolo a.C. Insieme a Veroli, Anagni e Ferentino, l’allora Aletrium formò una Lega difensiva contro i Volsci ed i Sanniti e nel 530 si alleò con Roma, confermando inoltre l’influenza etrusca nella zona (attestato anche dai ritrovamenti archeologici). Desta nell’animo maggiore ammirazione dello stesso Colosseo”, diceva Gregorovius, illustre storico tedesco, quando davanti ai suoi occhi si stagliano le impressionanti imponenti mura e si chiedeva:  “e se, meravigliati, domandiamo quale arte meccanica fosse in grado di sovrapporre pezzi di roccia tanto grossi, ancor meno comprendiamo come tale arte fosse in grado di connettere tali massi pluriangolari l’un l’altro con tanta precisione da evitare il minimo vuoto fra di essi e da costruire il più perfetto mosaico gigante”. In effetti le mura di Alatri sono tra i monumenti più misteriosi d’Italia, una triplice cinte muraria all’interno della quale si sono successivamente formati altri monumenti di uguale interesse storico, ma ben più recenti. Incredibile notare che queste mura erano conosciute anche al di là del Mediterraneo, e per la precisione in Mesopotamia, così come confermano le scritte su alcune tavolette d’argilla del 1700 a.C. rinvenute alla fine degli anni ’30 dello scorso secolo; si trattava forse di un’altra Alatri? O di due città, una nata a seguito dell’altra per via della stessa civiltà? Certo la coincidenza è forte ed è ancora oggetto d’intenso studio. Le culture monolitiche continuano a riempire di mistero la storia del mondo e dell’Italia, così come quella nuragica della Sardegna ed altre formatesi nel resto della penisola. Ciò che è nota è la loro propensione ai movimenti degli astri e dei pianeti ed anche le mura di Alatri possiedono un orientamento astronomico (per esempio l’allineamento al solstizio d’estate) ben preciso. Le mura comprendono diverse porte d’accesso, tra cui due in particolare destano maggiore attenzione: la Porta Maggiore, con un pesante architrave di grandi dimensioni, e la Porta Minore, che al contrario della prima presenta alcune incisioni di tipo epigrafico e di rito fallico. Molte delle testimonianze presenti nell’Acropoli sono d’origine romana, la città infatti venne sconfitta da Roma nel 306 a.C. e costretta ad accettarne la cittadinanza. Divenne presto un municipium, e continuò in questa posizione per tutto il periodo imperiale. Al di là dell’Acropoli, che spesso troviamo indicata anche come Pelasgica (poligonale), in quanto attribuita ai popoli pre-ellenici, detti anche Pelasgi (termine per con il quale s’intendeva anche la civiltà micenea), vanno segnalati monumenti ed opere d’arte estremamente importanti e suggestive. Tra le via di S. Francesco, corso Vittorio Emanuele e Corso Cavour, troviamo l’imponente mole del Palazzo Gottifredo, costruito intorno alla metà del XIII secolo: un complesso in stile romanico costituito da un grande edificio a torre che va a formare il nucleo essenziale del palazzo. Nella parte dell’edificio che si affaccia lungo il Corso Vittorio Emanuele c’è un portale ad arco ogivale, tipicamente gotico, ingresso principale alla torre. La torre di Palazzo Gottifredo è stata restaurata nel 1930 per ospitare il Museo Civico Archeologico di Alatri, inaugurato nel 1934. Non si manchi una visita all’interno del museo, per ammirare in particolare alcune antiche iscrizioni d’epoca romana: la cosiddetta ‘Dedizione al Penati’, scoperta in Piazza delle Rose nel 1921 e originaria del I secolo a.C., e quella che è conosciuta come ‘antica iscrizione di Alatri, nella quale si descrive il lavoro svolto dal censore Lucio Betilienus Varo (circa 130-120 a.C.) e risalente al II secolo a.C. Nello stesso museo si ammira anche il pavimento a mosaico policromo decorato nel I secolo a.C. La Basilica Concattedrale di Alatri è un altro sito di sicuro interesse, dedicata a San Paolo apostolo e risalente al X secolo. Si trova situata proprio al centro dell’Acropoli Civita, nell’esatto punto in cui prima sorgeva un tempio pagano dedicato a Saturno ed un altare appartenente alla cultura Ernica. Nel 1228 nella cattedrale si è verificato il miracolo dell’Ostia incarnata, uno dei quattro miracoli eucaristici (gli altri situati a Bolsena, a Lanciano e a Siena), oggi conservata nell’apposita cappella della cattedrale e nota ai fedeli con il nome di ‘porziuncola’. Non lontano, si ammira un altro interessante edificio religioso, la chiesa di Santa Maria Maggiore, probabilmente uno dei monumenti più rappresentativi di Alatri. Sorta nel V secolo, probabilmente sulle rovine di un tempio vetusto consacrato alla dea Venere, la chiesa fu ampliata in epoca romanica e ristrutturata nel XIII secolo. Splendido il disegno della facciata mono-cuspidata, con le tre porte d’accesso e l’originalissimo traforo del rosone, riccamente decorato. Questo stesso traforo riporta un’incisione ancora oggi rimasta misteriosa e recante le parole “Christus Rex Imperat Vivus Notam Eius Voluntatem Alatrium Impleat” verosimilmente potrebbe essere legata alle parole sacre che i crociati riportavano nel proprio scudo durante i viaggi in Terrasanta e indicante la vittoria del Cristo Re ed il ruolo di Alatri ‘nel compiere la volontà che le è stata rivelata’. Nella chiesa è inoltre custodita un’opera lignea bizantina nota come la Madonna di Costantinopoli. Eretta insieme al vicino Convento dell’ordine francescano nella seconda metà del Duecento, troviamo anche la bella chiesa di San Francesco, che conserva ancora oggi un portale ad arco acuto e rosone a colonnine radiali. L’interno è stato trasformato in epoca barocca ed è delizioso, preserva oltre ad una ricca suppellettile lignea, una pregevole ‘Deposizione’ di scuola napoletana del Seicento e la preziosa reliquia del mantello di S. Francesco, donato alla città nel 1222. Se è possibile si ammiri anche il singolare labirinto di Alatri, situato nella zona del chiostro, un misterioso affresco del XIII secolo  probabilmente creato per coprire dipinti ben più antichi, ma che ancora non si è avuto modo di analizzare. Alatri è veramente un luogo speciale, intriso di mistero ma anche di tanta grazia e vivacità culturale.  Durante le festività natalizie, tra il 26 ed il 30 dicembre nel Rione Piagge, si assiste alla suggestiva realizzazione del Presepe Vivente d’Alatri, organizzato dagli Acclamatores di San Sisto, con il patrocinio del Comune.  Durante la Pasqua di Alatri viene celebrata la Passione Vivente del Venerdì Santo, la più antica manifestazione religiosa della città. L’origine di tale evento si perde nella notte dei tempi, mentre la formula attuale si è certamente consolidata alla fine del Settecento con le Missioni di San Paolo della Croce in Ciociaria. Durante l’estate non si manchi la partecipazione al tradizionale Festival del folcklore, una manifestazione multietnica che richiama ogni anno partecipanti da tutto il mondo. L’ospitalità culinaria e la cucina alatrense non passano ovviamente inosservati, si prediligano i ristoranti a conduzione familiare, estremamente caratteristici e genuini. Nei dintorni visitate Paliano, Fregellae e Frosinone.