BIENNALE VENEZIA 2013 – Paul Mc Carthy (Antonella Giroldini)

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Le sue opere si interrogano sul confine tra interno ed esterno e sono caratterizzate da un senso dell’eccesso che combina oscenità e filosofia, intrattenimento e violenza. McCarthy ha cominciato la sua carriera quando il Minimalismo era al suo culmine e sebbene molte sue opere mostrino poca affinità con quel movimento, l’artista gli riconosce la paternità del suo interesse per l’interno invisibile delle cose.

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In Children’s Anatomical Educational Figure, McCarthy presenta una bambola che appaga la nostra smania di vedere all’interno del corpo e incarna un altro dei suoi temi preferiti : i personaggi – archetipi . La figura, con un ampio sorriso da fumetto mentre dal suo ventre squarciato fuoriescono le viscere, si accompagna perfettamente ad altre sue rappresentazioni: Pinocchio, Braccio di Ferro, e Babbo Natale, personaggi che ha ritratto in video e performance in cui queste figure tipiche dell’immaginario infantile sono trasformate in creature con gli istinti più perversi.

La bambola, con i suoi reni penzolanti e le viscere flosce, ci rivela il lato macabro nel desiderio infantile di vedere e esplorare i segreti delle cose.

BIENNALE DI VENEZIA 2013 – MARINO AURITI

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Nato in una cittadina dell’Abruzzo, Marino Auriti si guadagnò inizialmente da vivere come costruttore di carrozze. Solo dopo il pensionamento negli anni ’50, Auriti si dedicò al suo progetto più ambizioso: la costruzione minuziosa e dettagliata  del modello architettonico di un museo immaginario, il Palazzo Enciclopedico del Mondo che avrebbe ospitato tutte le conquiste dell’umanità, dalla ruota al satellite, dai più antichi manufatti dell’avanguardia artistica.

Il modello del Palazzo Enciclopedico era alloggiato abitualmente in una struttura piramidale all’interno del garage di Auriti.

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Il suo Palazzo, anche se non fu realizzato, rimane una estrosa testimonianza dell’eterno impulso enciclopedico dell’umanità: contenere l’intero universo e ordinario in una forma.

BIENNALE VENEZIA 2013 – ENRICO BAJ (Antonella Giroldini)

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L’artista è stato un esuberante iconoclasta, irriverente ed eterodosso negli impegni politici come nell’approccio all’arte. Continuò la tradizione surrealista, lavorando con sregolatezza infantile e sfidando continuamente ogni categorizzazione con un approccio libero, socialmente impegnato, spesso insofferente a ogni forma di autorità.

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Negli anni Settanta, Baj iniziò la produzione della serie Dame, stravaganti ritratti di donne realizzati con collage e assemblaggi , cui solitamente fa da sfondo una tappezzeria o un tessuto fantasia. Ogni figura è composta da strati di materiali che potrebbero essere presi da un cestino di cucito in una giornata di pioggia: bottoni, ninnoli, passamaneria, broccato, quadranti di orologi, nappe e metri di filo colorato . Le rappresentazioni comiche e primitive della forma umana suggeriscono marionette fatte a mano , ma nei pezzi qui esposti , l’artista impiega materiali domestici per creare rappresentazioni estremamente astratte o schematiche di voti umani, spesso con effetto inquietante.

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BIENNALE DI VENEZIA 2013 – Jessica Jackson Hutchins ( Antonella Giroldini)

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Le forme di ceramica e cartapesta cadono e si gonfiano, si accalcano e si inclinano, si afflosciano e si appoggiano indolenti: possiedono una pesantezza palpabile e uno straordinario fascino tattile. Abbarbicate su tavoli, sedie e divani, o svettanti come escrescenze maligne, sembrano indefinibili nella forma come pensieri e contorte come formazioni geologiche, e trasmettono nella loro composizione un senso di esuberanza improvvisata. Pur essendo a volte inquietanti, le sculture di Hutchins sprigionano uno humor ed una tenerezza che scaturiscano dai materiali che l’artista inserisce nelle sue installazioni: vestiti scartati- indossati un tempo da Hutchins, da suo marito o da una delle sue figlie – ritornano spesso nelle installazioni, così come vari mobili che fungono da piedistalli o da elementi per composizioni scultoree. Le poltrone, i divani e gli oggetti che popolano le sculture di Hutchins provengono spesso dalla casa dell’artista e sono segnati da anni di uso. L’artista sostiene che il lavoro è motivato soprattutto da preoccupazioni personali: è un documento della sua vita intima, incapsulata negli oggetti di tutti i giorni e nelle sue sculture – un microcosmo in cu spazio domestico e presenze arcaiche sembrano poter convivere.

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Il suo lavoro, infatti, allude a culture antiche e forme archetipiche, spesso mediante titoli  che suggeriscono una sensibilità erudita e si scontrano con una natura sciatta e disordinata dalla sue forme scultoree.

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BIENNALE VENEZIA 2013 – Shinichi Sawada

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.Affetto da una forma di autismo, parla a stento e preferisce esprimersi attraverso le sue sculture: un bestiario in continua espansione di figure e maschere di creta, che ha iniziato a produrre nel 2001.

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Tutte le sue opere sono irte di centinaia di spuntoni di creta, che conferiscono loro una bellezza intricata e ornamentale anche un carattere minaccioso.

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Le sue figure sembrano alludere a una mitologia personale, ispirata forse all’antica tradizione popolare giapponese, che abbonda di bestie immaginarie, fantasmi e spiriti.  Alcune sue opere assomigliano anche a maschere del teatro NO, altrettanto ricco di esseri soprannaturali che calcano i palcoscenici giapponesi fin dal ‘300. Alcune ricordano i personaggi iperbolici che popolano manga e anime, e racchiudono sotto i loro tratti spinosi una grazia da cartone animato .

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E’ interessante notare come le sue opere richiamino alla mente anche le arti delle società tribali.

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BIENNALE DI VENEZIA 2013 – Pawel Althamer (Antonella Giroldini)

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Le sue sculture, i video e le performance indagano la fragilità del corpo umano, saggiando in molti casi il proprio.

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Alla biennale ha presentato Venetians, una nuova versione di  Almech, un’istallazione realizzata nel 2011 su commissione del Deutsche Guggenheim.

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Venetians è stata realizzata in collaborazione con l’azienda di piccoli prodotti plastici fondata dal padre dell’artista. Ha creato 80 sculture in scala reale che raffigurano alcuni abitanti di Venezia: i volti e le mani sono stati realizzati con calchi in gesso poi fusi in plastica e ricongiunti a corpi filiformi.

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Le statue finite, raggruppate come una folla di anime in perenne attesa, presentano un ritratto spettrale della città e riecheggiano l’affermazione : ” Rendersi conto che  il corpo è solo un veicolo dell’anima è una conquista importante”.

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