BIENNALE DI VENEZIA 2013 – MARINO AURITI

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Nato in una cittadina dell’Abruzzo, Marino Auriti si guadagnò inizialmente da vivere come costruttore di carrozze. Solo dopo il pensionamento negli anni ’50, Auriti si dedicò al suo progetto più ambizioso: la costruzione minuziosa e dettagliata  del modello architettonico di un museo immaginario, il Palazzo Enciclopedico del Mondo che avrebbe ospitato tutte le conquiste dell’umanità, dalla ruota al satellite, dai più antichi manufatti dell’avanguardia artistica.

Il modello del Palazzo Enciclopedico era alloggiato abitualmente in una struttura piramidale all’interno del garage di Auriti.

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Il suo Palazzo, anche se non fu realizzato, rimane una estrosa testimonianza dell’eterno impulso enciclopedico dell’umanità: contenere l’intero universo e ordinario in una forma.

IL POTERE DEI SOGNI di LUIS SEPULVEDA ( Antonella Giroldini)

viaggiando in lungo e largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni. Li mantengono, li condividono, li moltiplicano. Io umilmente, a modo mio, ho fatto lo stesso….

LE CANARIE ….ISOLE VULCANICHE (Antonella Giroldini)

Le sette isole e i sei isolotti che formano l’arcipelago delle Canarie non sono altro che le punte di una vasta catena montuosa vulcanica che si estende sul fondo dell’Oceano Atlantico. Molto giovani dal punto i vista geologico, le isole emersero 30 milioni di anni fa, quando enormi lastre della crosta terrestre ( placche tettoniche) entrarono in collisione e corrugarono la superficie del pianeta dando origine a gigantesche sia in terra, come nel caso della catena dell’Atlante in Marocco, sia sul fondo dell’Oceano, come nel caso di Capo Verde, delle Azzorre e delle Canarie. Queste isole atlantiche sono collettivamente indicate come Macronesia, e dopo la nascita vennero ulteriormente plasmate da una serie di eruzioni vulcaniche .

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Sul fondo dell’Oceano Atlantico si registra ancora una forte attività vulcanica, e vi sono numerose montagne sommerse. Di tanto in tanto emergono nuove isole vulcaniche, ma in genere si tratta di fragili cumuli di cenere non compatta che vengono velocemente spazzate via.

L’isola dell’arcipelago più adatta per farsi un’ idea di sommovimenti interni alla crosta terrestre è Lanzarote, le cui Montanas del Fuego ribollono tuttora. I vulcani di Fuerteventura, Gran Canaria, La Gomera e El Hierro, invece, non si risvegliano da secoli; a Tenerife l’ultima eruzione vulcanica si ebbe nel 1909; è stata La Palma a ospitare lo spettacolo pirotecnico più recente nel 1971.

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Le isole non hanno dimensioni molto grandi, ma racchiudono paesaggi di ogni genere, delle lunghe spiagge sabbiose di Fuerteventura alle dune di Gran Canaria, delle maestose scogliere atlantiche di Tenerife ai boschi di La Gomera, avvolti dalla nebbia. Le isole più orientali sono caratterizzate da un paesaggio desertico quasi sahariano, mentre La Palma e La Gomera comprendono zone ricche di vegetazione. La montagna più alta di tutta la Spagna è il pico del Teide.

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Nessuna delle isole è attraversata da fiumi e la mancanza di acqua rimane un grande problema. Al posto dei fiumi, reti di barrancos si fanno strada dall’entroterra montuoso della maggior parte delle isole fino alla costa. In alcuni di essi scorre acqua, ma altri restano asciutti quasi tutto l’anno.

Lanzarote e Fuerteventura, le due isole più orientali, distano solo 115 Km dall’Africa continentale, Lanzarote deve il suo aspetto attuale a una serie di violente eruzioni verificatesi nel 1730. L’eruzione creò un suolo fertile là dove prima non cresceva nulla.

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Gran Canaria è sostanzialmente una piramide vulcanica a base circolare. La metà settentrionale è incredibilmente verde e fertile, mentre la zona che si estende a sud del Pozo de las Nieves è più arida e ricorda le isole situate a est di Gran Canaria.

La sorella maggiore di Gran Canaria, quanto meno in termini di grandezza, è Tenerife, altro ” mini continente”. L’isola è occupata per quasi due terzi dalle aspre pendici del Teide. Nella lingua di terra nord – occidentale si sviluppa un’altra catena montuosa, quella degli Anaga. Le uniche vere pianure si trovano nei dintorni di La Laguna e lungo alcuni tratti di costa. Le straordinarie scogliere della costa settentrionale vengono di tanto in tanto sferzate dalle burrasche atlantiche.

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Le altre isole occidentali hanno molto in comune. Caratterizzate da precipitazioni più abbondanti e sorgenti più numerose, sono verdi e orlate da una costa rocciosa . La parte centrale della meseta di La Gomera è ricoperta da una foresta di allori dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità e situata nel Parque National de Garajonay. El Hierro , la più piccola delle Canarie, una riserva della bioesfera UNESCO è un isola montuosa .

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Non occorre passare molto tempo nelle Canarie per notare la sorprendente varietà di rocce vulcaniche delle isole.

Statua di Redit (Antonella Giroldini)

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Basalto

Dimensioni: 82x32x43 cm

Antico Regno

Provenienza: probabilmente Saqqara, in seguito Collezione Drovetti, 1824

Nell’antico Regno le statue raffiguranti singoli individui venivano collocate nelle tombe; questa figura risale alla fase più antica dell’unificazione, il cosiddetto Periodo Arcaico, quando ancora non erano state costruite le prime piramidi.

La scultura rappresenta una principessa seduta, con il nome inciso sulla base ad altorilievo: Redit, la figlia del Re”. Redit indossa una parrucca intrecciata, lunga e pesante, divisa in tre falde, due ai  lati della testa e una sulla schiena; è di forme massicce, con il collo corto e un corpo tarchiato, ma le braccia sottili, e dà l’impressione di essere appena affiorata dal blocco di pietra originario. Ha gli occhi rovinati, che però sono resi quasi come se fossero asole; in seguito gli scultori avrebbero elaborato uno stile elegante per renderne la forma, aggiungendo un bordo che terminava con lunghe strisce cosmetiche.

E’  sorprendente trovare una scultura di queste dimensioni, realizzata in una pietra così dura e in un’epoca così arcaica. Ed è ancora più raro , in quest’epoca, che una statua di tali dimensioni e materiale rappresenta una donna. La figura doveva servire da doppio della defunta, che il suo spirito ka avrebbe animato.

Deserto Giordano WADI RUM (Antonella Giroldini)

44805_1370008691079_952658_nUn cartello sull’autostrada del Deserto indica la deviazione per Wadi Rum, una delle zone più belle della Giordania. Percorso  fin dai tempi remoti e da carovanieri ( come testimoniano le iscrizioni tamudiche e babatee, le più antiche delle quali risalgono al IV secolo a. C.), attraversato da sorgenti d’acqua sotterranee che alimentano piante endemiche e arbusti selvatici. Il Wadi Rum dal 1998 è stato dichiarato area protetta della Royal Society for the Conservation of Nature e posto sotto amministrazione speciale dall’ ASEZA.  Vi si accede da Centro visitatori posto nelle vicinanze del massiccio conosciuto come i Setti pilastri della saggezza, dal titolo del libro di Lawrence d’Arabia.

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Storicamente l’area era nota come Iram, nome che in aramaico significa “alto”, probabilmente in riferimento alle cime dei massicci o alla altitudine sul livello del mare. Wadi Rum è infatti un altopiano di circa 450 km, ricco di sorgenti d’acqua, costituito da sabbia e da singolari formazioni rocciose che danno vita a scenari surreali fatti di possenti torri, di pinnacoli e guglie di arenaria che dominano i letti di antichi fiumi completamente prosciugati e che gli hanno valso i nome di “valle della luna”.

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Il paesaggio è caratterizzato da svariate tonalità cromatiche delle distese di sabbia, punteggiate dagli arbusti tipici del deserto, come l’acacia spinosa e hamada salicornica.

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Vi vivono ancora tribù nomadi beduine che conservano i valori di ospitalità . Agli ospiti di passaggio che hanno occasione di fermarsi presso la tenda verrà offerto tè preparato con le erbe del deserto, o caffè profumato al cardamomo.  Le tende sono di colore scuro , realizzate con lana di capra che reagisce alle variazioni climatiche : con la pioggia le maglie si restringono diventando una barriera impermeabile, una volta asciutte si distendono, lasciando circolare l’aria.  La tenda durante il giorno è aperta e lascia vedere i due spazi di cui si compone. A sinistra la zona riservata agli ospiti,  a destra quella riservata alla famiglia. Generalmente questa parte non è accessibile agli ospiti. Alla sera la tenda viene chiusa srotolando la parte di lana legata sul tetto.

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Le incisioni rupestri già scoperte, migliaia, solo una parte di quelle lasciate da cacciatori e nomadi che nei secoli hanno percorso questo territorio .

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I graffiti più antichi raffigurano scene di caccia con l’arco, o segnalano la presenza di sorgenti d’acqua o indicano la direzione migliore da seguire. Le iscrizioni più antiche risalgono al IV millennio a.C., quando Wadi Rum era ricco di vegetazione e di animali. Al Neolitico risalgono probabilmente le rappresentazioni di bovini e soggetti astratti, dipinti in ocra, rinvenuti nell’area di Rakahbt al – Wadak . Al 2000 a. C. e a periodi successivi vengono attribuiti le incisioni con soggetti di caccia con l’arco e figure di animali. Dal VII secolo a. C. si diffondono le raffigurazioni spesso associate a iscrizioni rupestri: la scrittura più diffusa in questo periodo è il tumudico , mentre a partire dal IV secolo a. C compare la scritta nabatea, in uso fino al II secolo risalgono, invece, le iscrizioni in cufico e seguite da quelle in arabo. Particolarmente belle le rappresentazioni di dromedari e di simboli tribali, oltre a quelle che riproducono piante di piedi e dell’eccezionale figura di una donna nell’atto di partorire.

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