É una casa di 120 mq arredata con quadri moderni. Una stanza con la porta il resto open space con una grande vetrata che da sul giardino di 6.000 mq dove c’è un gazebo x ripararsi dal sole tavolino con sedie un barbecue una quercia secolare e tanti ulivi. Un parcheggio riparato da un bellissimo glicine. Si può visitare la famosa Piramide le tombe di S Cecilia il Parco dei Mostri fatto erigere dal principe Vicino Orsini che viveva nel centro storico ecco per ché si chiama “vicino Vicino”.o.
Ci siamo state a Maggio per un workshop !!! abbiamo giocato con gli ambienti surreali. E’ come soggiornare in un atelier di un artista surrealista.
Lo spazio esterno ci consente di goderci la natura sia per rilassarci sia per studiare in natura
Weekend di formazione: Il mio viaggio Iniziatico a Bomarzo
SECONDO WEEKEND FORMATIVO “LA TUSCIA E I SUOI SIMBOLI INIZIATICI“
Siamo a metà del secondo anno del Master in Travel Coach ed Ilaria ci propone di iniziare a sperimentarci! Possiamo organizzare il nostro primo week end da Travel Coach, scegliendo i luoghi che più ci richiamano e condurremo le nostre compagne di corso in un viaggio in Travel Coach completamente ideato, creato e guidato da noi.
L’opportunità è davvero ghiotta ed è una sfida per me, mi emoziona, mi stimola e soprattutto “facendo” ho la possibilità di scoprire chi sono, cosa mi dà gioia e cosa fa vibrare la mia anima. Gli strumenti che Ilaria ci ha trasmesso in questi anni sono stati molti e potenti, un viatico di cambiamento e di scoperta che grazie alla possibilità di “sperimentarci” ora ci offre la possibilità di mettere una cornice e di dare un senso a quanto appreso teoricamente. “Mettere a terra” il mio primo week end mi ha consentito di dare “valore” alle mie intuizioni e mi ha permesso di svelare passo dopo passo (anche a me stessa) il mio stile di travel coaching. Ed eccolo il mio week end! Quale luogo, quale territorio mi chiama? Come fare una scelta? Ascolto il mio “intuito” e seguo ciò che mi mette a mio agio. Partendo da qui, la scelta è chiara: un territorio di prossimità che mi/ci riconnetta alla natura e alle mie/nostre radici. La mia bussola interna individua le tappe : Bomarzo e Sant’Angelo di Roccalvecce. – Salvatore Fosci
I libri da cui ho preso ispirazione: “I misteri della piramide di Bomarzo. Indagine sulle origini dell’enigmatico monolite nascosto nei boschi viterbesi” – testi di Francesca Ceci, Salvatore Fosci e Luciano Proietti – Intermedia Edizioni.
“ Vulcano Nascosto – una interpretazione alternativa del Bosco Sacro di Bomarzo”. A cura di Sigfrido E.F.Hobel . Stamperia del Valentino
Scelgo un “bardo” per farmi guidare alla scoperta di questi luoghi: Salvatore Fosci.
Un poeta contemporaneo che esalta le tradizioni del suo popolo. Così lo presenta Sigfrido E.F.Hobel nella prefazione al testo – “ Vulcano Nascosto – una interpretazione alternativa del Bosco Sacro di Bomarzo”. A cura di Sigfrido E.F.Hobel . Stamperia del Valentino – “Salvatore Fosci è un personaggio davvero singolare, dotato di uno straordinario spirito di osservazione, di un’ottima memoria e di un notevole intuito, profondamente integrato nella sua realtà territoriale, nei cui confronti nutre un estremo rispetto e un grande amore. A lui spetta il merito di averla ripulita, resa perfettamente visibile e fatta conoscere la ormai famosa “Piramide di Bomarzo “e di avere compiuto innumerevoli esplorazioni nei boschi e nelle campagne bomarzesi, scoprendo e documentando non poche tracce di antiche presenze… L’ho incontrato una prima volta, alcuni anni fa, proprio sulla Piramide, e sono rimasto colpito dalla sua conoscenza del territorio e dall’acume delle sue considerazioni”. Ecco il primo ingrediente del mio week end: la guida, la porta, il narratore, colui che è profondamente connesso e legato al luogo e alle tradizioni, capace di farci entrare in connessione con l’anima ed il cuore del territorio che conosce profondamente.
Ecco il primo ingrediente del mio week end: la guida, la porta, il narratore, colui che è profondamente connesso e legato al luogo e alle tradizioni, capace di farci entrare in connessione con l’anima ed il cuore del territorio che conosce profondamente.
Il Parco dei Mostri di Bomarzo non è un semplice giardino arricchito da sculture in basalto che rappresentano mostri mitologici, animali e divinità, ma un vero e proprio viaggio introspettivo. Come ci racconta Salvatore Fosci: “Bon Marzo e il sereno paesaggio di campagna, riflettono perfettamente il desiderio di Vicino Orsini di portar pace e non guerra nelle sue terre. Questa condizione di pace è espressa dalla idilliaca scena pastorale”.
Destare meraviglia, stupore e far divertire era lo scopo voluto da Pier Francesco Orsini, e lo ottenne in modo geniale sovvertendo le regole delle proporzioni perfette dell’arte del rinascimento. Mettendo insieme proporzioni ingigantite e proporzioni rimpicciolite.
Vinicio Orsini ci racconta di aver progettato il Suo Boschetto proprio con questo intento e lo ha popolato con figure spesso gigantesche: animali, esseri mitologici, statue parlanti, mascheroni, per lo più scolpiti direttamente nella roccia vulcanica sporgenti dal terreno. A queste ha aggiunto architetture, che non sono meno sorprendenti delle sculture: come la Casa Pendente che ha l’intento di far perdere l’equilibrio, oppure il Teatro, che secondo qualcuno sarebbe il punto chiave di un percorso alchemico del giardino. Poco si sa del Bosco. La sua progettazione è stata attribuita agli artisti più attivi dell’epoca, tra i quali il Vignola e Pirro Ligorio, ma tali ipotesi non sono confermate da alcuna documentazione. Nonostante i numerosi studi che hanno tentato di sciogliere l’enigma di questo boschetto, collocato in un’area intermedia tra arte, magia e letteratura, Bomarzo è destinato a rimanere un luogo intriso di fascino e mistero che genera racconti e che sollecita l’immaginario di ciascun visitatore.
Se ti senti incuriosito e chiamato da questo luogo, se hai voglia di incontrarlo, ti invito ad attraversarlo con questa esortazione: accettiamo e liberiamo i nostri mostri.Siamo unici e solo in un modo possiamo essere noi stessi: incontrando e dialogando con i nostri mostri. Chissà che da questo dialogo non si svelino e ci vogliano incontrare anche le nostre meraviglie.
Seguendo l’esortazione di Orsini: “Soltanto chi procederà a guardare con stupore, lasciando entrare dentro di sé i messaggi che può osservare, avrà la possibilità di vedere veramente le sette meraviglie del mondo, con il silenzio e l’attenzione, altrimenti non sarà in grado di vedere nemmeno le costruzioni più gigantesche”
Comincia il tuo viaggio iniziatico con gli strumenti del Travel Coaching
Ti invito a spalancare gli occhi della meraviglia ed addentrarti in questa Selva, abbandonando il pensiero razionale ed esplorando l’ambiente con i 5 sensi. Quali suggestioni, immagini, pensieri, ricordi, parole ti sono affiorati nell’incontro con queste Statue? Redigi il tuo Diario di Viaggio le foto delle principali tappe di questo itinerario onirico potrebbero essere le tappe del tuo viaggio interiore. Per ciascuna immagine puoi annotare tutto ciò che sollecita la tua fantasia: un’immagine, un simbolo un odore, un suono …….
Se potessi divertirti a creare il tuo boschetto partendo da dove sei ora, dai tuoi saperi,
Come lo realizzeresti?
Di quali creature, simboli, pensieri, frasi o ispirazioni si comporrebbe?
Dove lo realizzeresti?
Di che materiale sarebbero i suoi abitanti?
Quale elemento che ti diverte, ti meraviglia e ti stupisce vuoi inserire?
Vinicio mette in scena a Bomarzo in chiave simbolica i principali eventi della propria vita, quasi a riviverli, esorcizzarli e trasformare le emozioni più profonde ed umane grazie ad una sorta di purificazione che avviene attraverso l’amore. Sembra quasi volerci dire che le cose che possono sembrare brutte, oscene e inavvicinabili sono un po’ come le nostre paure che, se affrontate, ci dicono che nell’oscuro labirinto della vita ci sarà sempre una via d’uscita. Una sorta di conoscenza e salvezza articolato in tre livelli: attraverso il mondo, la terra e l’occhio, tale cammino culmina infine con il riconoscimento del divino in noi stessi.
Quali regole copioni, schemi puoi sovvertite cambiando prospettiva?
Cosa si rimpicciolisce e va sullo sfondo, cosa emerge della tua natura unica e meravigliosa?
Se desideri sperimentare questo viaggio simbolico ed iniziatico nel territorio della Tuscia incontrando i tuoi mostri e le tue meraviglie a Bomarzo; Lilaland sta creando un weekend aperto a tutti quelli così coraggiosi da voler scoprire ciò che li rende unici attraverso le imperfezioni.
L’abitato di Roccalvecce ha origini antichissime. Fu sicuramente un insediamento Etrusco come dimostrano i ritrovamenti in tutta la zona circostante di tombe risalenti al VIII e al VII secolo a.C. Successivamente divenne un “castrum romano” come testimoniano le tracce di opus reticulatum presenti nelle fondamenta del castello. Durante tutto il 1200 e gli inizi del 1300 il castello fu proprietà di vari Signori, il più famoso tra questi, Ponzio, fu un condottiero agli ordini della nobile famiglia Monaldeschi di Bagnorea (l’attuale Bagnoregio). Dopo circa 100 anni di alterne vicende e scontri tra condottieri di ventura il castello divenne proprietà della potente famiglia Viterbese dei Gatti. Nel 1498 5/6 del castello passarono in mano a Giulio e Ottaviano Colonna, Patrizi romani, e il restante un sesto a Francesco Chigi, nobile Senese. Nel 1555 Camillo Colonna, figlio di Ottaviano, lo cedette ad Alberto Baglioni i cui figli, Vincenzo e Paolo, trovatisi in gravi difficoltà economiche, nel 1642, furono costretti a vendere a Prospero Costaguti, patrizio genovese e cittadino romano. Successivamente nel 1685 Giovanni Giorgio Costaguti acquistò il rimanente 1/6 del castello ancora di proprietà della famiglia Chigi. Da allora fino ad oggi il Castello di Roccalvecce è sempre stato proprietà della famiglia Costaguti.
L’etimologia
Esistono due tesi predominanti che spiegano l’origine della parola “Roccalvecce”. Durante il Medioevo intorno al 1200/1300 Roccalvecce si chiamava “Rocca del Veccio” ed era costituita unicamente da un corpo di guardia e una torre di avvistamento. Gli storici ritengono che “Il Veccio” fosse il nome del condottiero di ventura che l’aveva edificata. Infatti in quel periodo storico avvenivano spesso guerre tra la Repubblica di Siena, lo Stato Pontificio e la città di Viterbo. La “Rocca del Veccio” si trovava proprio al confine tra i due Stati e grazie alla sua posizione strategica ricopriva una importante funzione di avamposto militare sulla Via “Teverina”. Nel 1254 gli allora Signori di Roccalvecce si sottomettevano, con atto di soggezione, al dominio del comune di Viterbo. Da Allora si susseguirono numerosi altri atti in cui i castellani di Roccalvecce ribadivano la propria sudditanza al comune di Viterbo. Agli inizi del 1400 il castello di Roccalvecce entrò a far parte in piante stabile del patrimonio di S.Pietro. Tuttavia essendo ancora un presidio al confine tra Stato Pontificio e Repubblica di Siena divenne stazione di guardia per gendarmi pontifici svizzeri, le famose “Guardie Svizzere”. Questa presenza potrebbe aver dato origine alla definizione “Rocca Helvetica” poi tramutata nella parola Roccalvecce. Questa teoria è confutata anche da una lapide marmorea presente all’interno della chiesa del castello.
A un quarto d’ora d’auto da Viterbo, Vitorchiano stupisce per l’integrità del suo nucleo antico ed infatti non è considerato solo uno dei centri storici più belli di tutta la provincia di Viterbo ma è proprio censito tra i borghi più belli d’Italia e le abitazioni sembrano un tutt’uno con lo sperone di roccia vulcanica che le sostiene. Ecco perché Vitorchiano è stato soprannominato il Borgo sospeso. Questa parte della provincia di Viterbo in antichità è stata infatti modellata dall’azione dei vulcani che hanno creato depositi di materiali che compattandosi hanno formato le rupi su cui sorgono tanti borghi della Tuscia. Ma Vitorchiano è particolare proprio perché il banco di peperino, fratturato in enormi massi, sostiene gli edifici costruiti direttamente sulla roccia. Guardando la rupe lateralmente sembra proprio che Vitorchiano sia stata costruita in un solo giorno per quanto le case arroccate e a strapiombo si fondano con la roccia lavica, in perfetta armonia con la sottostante Valle del Vezza, i suoi torrenti e tutto il paesaggio circostante ricco di boschi di querce, frassini, faggi, olmi e castagni.
Cosa vedere a Vitorchiano: i consigli della guida turistica
Una visita guidata a Vitorchiano parte proprio dall’esterno delle mura, dove è possibile ammirare la doppia cinta perfettamente conservata che divide la zona rinascimentale da quella medievale, costruita sfruttando gli antichi tracciati etruschi e ogni viuzza è un’esplosione di colori di fiori che risaltano sulla pietra grigia di peperino. Vitorchiano è una vera e propria terrazza sulla natura circostante: tanti affacci permettono di godere della bellezza delle forre che circondano tutto l’abitato. Durante la visita guidata di Vitorchiano ci soffermeremo a visitare la chiesa di Santa Maria, antica chiesa Matrice, ma troveremo, fontane, lavatoi, porte urbiche e palazzi nobiliari importanti come quello “del Vescovo”. Visiteremo le preziose sale del Palazzo del Comune e saliremo sulla torre civica per ammirare dall’alto un panorama straordinario. Durante il tour di Vitorchiano ti parlerò di Santa Rosa, la patrona di Viterbo che fu esiliata nel 1250 in questo paese e dove compì due miracoli: la restituzione della vista mediante preghiera ed apposizione delle mani ad una fanciulla di nome Delicata e la conversione di un’eretica “la maga” mediante la prova del fuoco. Ma durante il tour ti accorgerai che ci sono tantissimi stemmi S.P.Q.R. e non è un caso! La città di Vitorchiano per quasi 800 anni fu un feudo di Roma a cui gli abitanti hanno giurato fedeltà in cambio di protezione e aiuti. Ancora oggi è possibile ammirare la Guardia del Campidoglio nelle manifestazioni ufficiali del comune di Roma abbigliata con i costumi che, secondo la tradizione, furono disegnati da Michelangelo Buonarroti. Ma perché questo attaccamento e questa fedeltà alla città eterna? Beh i motivi sono davvero incredibili e te li racconterò durante la visita guidata di Vitorchiano! E sai che a Vitorchiano ci sono tantissimi profferli? Cosa sono? Sono delle scale esterne in pietra, tipiche dell’architettura della provincia di Viterbo, particolarissime e con diverse funzioni che ti svelerò durante il tour guidato e la più monumentale si trova ai margini della rupe, in posizione isolata, ed è proprio la scala della cosiddetta casa del Rabbino, ad indicare la presenza in passato di una comunità ebraica anche a Vitorchiano. E se pensi che Vitorchiano sia un borgo semi abbandonato come molti altri in Italia, questa volta ti sbagli. Gli abitanti fanno di tutto per renderlo sempre più conosciuto dai visitatori, amano il loro paese e addobbano di fiori ogni terrazzo, ogni angolo. Sono presenti botteghe artigiane e ristorantini ricavati all’interno delle antiche case medievali dove è possibile gustare le eccellenze enogastronomiche del territorio come le castagne, le nocciole, i funghi, pregiati oli extravergini oliva, ottimi vini, formaggi di pecora e di mucca, prosciutti e salumi.
La storia della cittadina è in stretta relazione ai Farnese e al palazzo – fortezza che vi fecero costruire nel XVI secolo. Il feudo di Caprarola infatti venne scelto da Alessandro Farnese per la costruzione di una villa residenziale. E’ bandiera arancione del Touring.
Il Palazzo Farnese fu iniziato nel 1530, per incarico di Alessandro Farnese, da Antonio da San Gallo il Giovane, che gli diede la caratteristica forma pentagonale e l’aspetto di una dimora fortificata. Il compimento venne affidato al Vignola. Numerosi furono gli artisti chiamati a lavorare ai prestigiosi cicli iconoclastici che ornano gli interni tra i quali Federico e Taddeo Zuccari.
Paese di antiche tradizioni turistiche situato in posizione panoramica alle falde dei monti Cimini, fu possesso dell’abbazia di Farfa e poi dei Cistercensi, diventando nel 1644 feudo della famiglia Pamphilj.
La Chiesa di S. Martino è una importante ed evoluta costruzione cistercense di forme gotiche, dalla monumentale facciata chiusa tra due torri seicentesche a cuspide piramidale e con abside poligonale a contrafforti.