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IL CASTELLO DI TORRE ALFINA (Antonella Giroldini)
Il Castello di Torre Alfina, possente ed imperioso, forte delle sue maestose torri merlate, rivestite in pietra scura, è indiscutibilmente una delle più belle e affascinanti dimore storiche presenti sul territorio Umbro-Tosco-Laziale. Un luogo dove storia millenaria e antiche tradizioni tramandate nel tempo si fondono in un connubio, oltrepassano le mura del maniero fino a raggiungere e coinvolgere le strette viuzze e le case del borgo che si attorcigliano intorno ad esso.
La storia del borgo di Torre Alfina è un tutt’uno con quella del Castello che nasce nell’alto medioevo attorno ad una torre di avvistamento già esistente. Segue poi il primo nucleo di case, che nel corso dei secoli X e XI viene fortificato con una seconda cinta muraria, costituita per lo più dalle mura delle abitazioni oltre che da bastioni, e munita di più porte di accesso.
Il palazzo, costruito a ridosso della torre, è stato dimora dei signori di turno. Prima i Risentii (secolo XIII), poi i Monaldeschi di Orvieto, del ramo Cervara, che hanno dominato questo luogo dalla fine del 1200 fino alla seconda metà del 1600. In particolare dobbiamo a Sforza Cervara la ricostruzione in stile rinascimentale del primitivo castello medievale. Ai Monaldeschi della Cervara seguono i marchesi Bourbon del Monte, i quali tengono palazzo e proprietà per più di due secoli. Nel frattempo il borgo, che già dalla metà del ‘400 si governava in forma di comunità, diviene comune aggregato prima ad Orvieto e quindi ad Acquapendente. Con l’unità d’Italia passa definitivamente a frazione del Comune di Acquapendente, com’è tuttora.
Sul finire del 1800, tutte le proprietà signorili vengono acquistate dal Conte Edoardo Cahen, che si fregia del titolo di Marchese di Torre Alfina. Edoardo fa ristrutturare completamente il palazzo Monaldeschi: l’immensa mole di pietra cerca spazio anche in varie parti del paese che sono state completamente trasformate. Edoardo non vede il castello finito ma desidera essere seppellito nell’amato bosco-giardino del Sasseto, che lui stesso aveva reso agibile con sentieri costruiti tra gli scogli, in una tomba-mausoleo realizzata nello stesso stile neogotico del castello e come questo rivestito in basalto e rifinito in travertino. Completa l’opera il figlio di Edoardo, Teofilo Rodolfo, arredando il castello con estrema ricercatezza e realizzando un grande giardino al di sopra del bosco.
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ACQUAPENDENTE (Antonella Giroldini)
A km 12,5 da Bolsena, Acquapendente sembra debba le sue origini a un borgo di nome Arisa, cresciuto lungo la via Francigena attorno alla pieve di Santa Vittoria tra il IX e il X secolo.
In città si trovano una magione di templari, una chiesa e un monastero dedicato al Santo Sepolcro, i cui frati dipendevano direttamente omonima di Gerusalemme. In seguito alla donazione da parte di Matilde di Canossa di tutti i suoi beni alla Chiesa, il paese divenne feudo papale. In quest’epoca il paese si strutturò nelle sue linee urbanistiche: sulla destra del corso d’acqua si trovano il castello, l’abbazia del Santo Sepolcro e, forse, un borgo nato intorno alla Chiesa di S. Maria consacrata nel 1149; a sinistra si estendeva l’abitato sul crinale dei colli fino al poggio del Massaro ai piedi del quale si apriva la porta verso Siena, da cui si entrava in città il tratto urbano della Francigena che proseguiva fino alla porta che conduceva a Roma. La cittadina è la patria del famoso anatomico Fabrizio d’Acquapendente, che descrisse per primo le valvole cardiache e che fece costruire il primo teatro anatomico a Padova. La Cattedrale è una basilica benedettina cui fu annessa una casa dei Cavalieri Templari; sulla destra della facciata è un portico con resti dell’edificio romanico. La cripta del Santo Sepolcro, della metà del X secolo, è una delle cripte romaniche più importanti d’Italia. 24 colonne sovrastate da capitelli decorati da figure animali e piante la dividono in nove navate e al centro si trova una scalinata che porta al sacello piramidale.
Nell’ambito del parco si trovano una serie di casali ristrutturati e utilizzati per il turismo scolastico e ambientale, uno dei quali ospita il Museo del Fiore e illustra la varietà delle specie presenti sul territorio e conduce nel mondo del fiore, illustrandone aspetti evolutivi, ecologici e culturali, tra cui quello con la tradizione dei “pugnaloni” di Acquapendente. Cioè i grandi pannelli composti da fiori e piante che celebrano la battaglia per la libertà combattuta contro Federico Barbarossa e vengono esposti nella cittadina nella terza domenica di maggio.