FILADELFIA (Antonella Giroldini)

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A sud di Filadelfia si erge il colle di Castelmonardo, dov’era l’omonimo paese distrutto dal terremoto del 1783. Scavi condotti poco dopo il 1970 hanno evidenziato il rilievo storico – artistico e religioso del luogo, che risaliva al medioevo. Il nuovo abitato sorse dopo quel sisma su un terrazzo in leggero declivio, secondo il preciso disegno di un architetto e di un filosofo, che realizzarono un progetto d’avanguardia nell’urbanistica di fine 700. ‘impianto urbano che ricerca la forma perfetta , si ispira ad un castrum romano, con quattro lati uguali rivolti ai punti cardinali e una maglia ortogonale di strade. Lo spazio interno è suddiviso in quattro quartieri, ognuno dei quali con una propria chiesa e un egual numero di edifici, costruiti in perfetta simmetria. All’incrocio dei due principali assi viari è l’ampia piazza centrale, di forma rettangolare , pensata come luogo di riunione della collettività.

 

Serra San Bruno (Antonella Giroldini)

Il nome del santo, al quale si deve l’origine dell’insediamento, fu aggiunto dopo l’unità d’Italia. Prima, il paese, tra fitti boschi, era solo Serra, a confermare il suo legame con il massiccio centrale della Calabria, di cui costituisce una sorta di capoluogo. Il santo è Bruno di Colonia, fondatore del primo eremo certosino vicino a Grenoble, giunto in Calabria nel 1901 per volere del papa Urbano II, suo discepolo a Reims. Rifiutata la cattedra arcivescovile di Reggio, ottenne dal Papa l’autorizzazione a vivere da eremita e da Ruggero il Normanno un appezzamento di terra tra i boschi delle Serre. Nacquero così l’eremo di S. Maria della Torre e più tardi la Certosa di S. Stefan, consacrata tra il 1097 e il 1099. Molte case dell’abitato hanno portali in granito lavorato. loggette in legno scolpito e artistiche ringhiere di ferro battuto.

Un muro dai bassi torrioni angolari cinge il vasto complesso religioso della Certosa, primo monastero certosino in Italia e secondo dell’ordine, che fu dei Cistercensi dal 1193 al 1514.

Isolata in un bel bosco di abeti, a circa 3 km è la piccola chiesa di S. Maria dell’Eremo, nucleo originario dell’insediamento religioso, ricostruito nel 1856 con elementi antichi. Accanto è la grotta del santo, ricostruzione del luogo in cui S. Bruno si ritirava in preghiera e fu sepolto.  Più in basso il laghetto dei miracoli, secondo la tradizione alimentato da una sorgente apparsa all’improvviso quando furono scoperte le spoglie del Santo.

ABBAZIA DI SAN VINCENZO AL VOLTURNO (Antonella Giroldini)

Su un pianoro a metà strada tra Rocchetta Nuova e Castel San Vincenzo, a poche centinaia di metri dal quieto laghetto che indica le sorgenti del Volturno si trovano i notevoli resti dell’Abbazia di San Vincenzo. Nel Chronicon Vulturnense, codice miniato del XII secolo, si narra la vicenda dell’abbazia, che iniziò nel 702 quando tre monaci di Farf, Paldo, Tato e Taso, si insediarono presso le sorgenti del Volturno per fondarvi un oratorio. Nella prima metà del VII secolo l’Abbazia contava già 4 chiese e il suo scriptorium produsse l’evangeliario come Codex Beneventanum, Sotto la guida di Ambrogio Autperto, autore di un celebre commentario dell’Apocalisse, l’abbazia acquisì fama europea. Con l’abbate Giosuè il monastero raggiunse l’apice del suo splendore. Le guerre che sconvolsero della prima metà del IX secoloe il forte terremoto dell’847 causarono il declino del monastero.