GIORDANIA – JARASH (Antonella Giroldini)

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La protezione di sabbia e terra e il lungo lavoro di restauro hanno reso l’antica Gerasa una vera e propria sorpresa per i visitatori. Sebbene l’area archeologica riportata alla luce sia solo in minima parte di quella complessiva, la ricchezza del sito, i colori delle pietre, l’eleganza dei templi e dei teatri ne fanno sicuramente una meta da non perdere.  La sua storia millenaria, desunta dalle tracce  delle varie civiltà che si sono succedute dall’età del Bronzo all’epoca abbaside, è stata sicuramente favorita dalla posizione geografica, a ridosso della regione collinare di Gilead, ricca di acqua.

In perfetto stato di conservazione, ha forma ellittica ed è considerata una delle più straordinarie costruzioni di Jarash. Lunga 90 m e larga 80, era circondata  da un largo marciapiedi sovrastato  da un colonnato ionico del I secolo d.C. , sormontato da tutta la sua lunghezza da un architrave decorato. La pavimentazione ha la particolarità di essere formata da grosse lastre di pietra calcarea nella parte esterna e da pietre nella parte esterna e da pietre di dimensioni più piccole verso il centro della piazza si trovano le fondamenta di una struttura quadrata, che in epoca romana era probabilmente la base di un monumento, trasformato in fontana nel VII secolo. La colonna sovrastante, invece, è un’aggiunta moderna,  posta per sostenere la fiamma del festival.

L’antica Gerasa della Decapoli: un sito archeologico di grande interesse storico e di grande impatto emotivo . Sopravvissuto all’opera distruttrice del tempo grazie alla stratificazione secolare di sabbia e terra, è stato opera di un lavoro di restauro e di recupero che ha rivalutato la zona monumentale e pubblica della città . Il magnifico cardo massimo ne rappresentava la spina dorsale e pubblica appunto  – dalla vita cttadina e via d’accesso alle terme, ai mercati, alle zone di culto . Interrotto da due decumani, nord e sud, il cardo si rivela spettacolare alla luce del sole che tramonta , quando le colonne si accendono di tinte dorate che le rendono maestose. Città dalle mille anime, per la sua posizione, per l’abbondanza d’acqua delle colline circostanti, per l’importanza delle sue attività commerciali, ha sempre attratto i popoli dominanti. E quasi sempre le nuove presenze l’hanno ampliata, arricchita, facendone ora un centro cristiano, ora musulmano. Jarash oggi è diventata simbolo dell’incontro tra espressioni culturali diversi, grazie agli spettacoli che vi svolgono durante il Jordan Festival tra fine luglio e inizi agosto, attirando un numero crescente di spettatori. ù

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 Teatro sud: Era il più grande di Gerasa. La Cavea poteva ospitare 3500 spettatori, distribuiti nei due settori in cui si suddividevano le 32 file di sedili, alcuni dei quali contrassegnati da lettere greche incise nella pietra che servivano a facilitarne la prenotazione . Ai piedi della prima fila di gradinate è incisa sul podio un’iscrizione in greco. Il palcoscenico, molto bello, è ricco di decorazioni ed è stato accuratamente restaurato. Il teatro ha un ottima acustica, amplificata anche dalle nicchie scavate del podio, che servivano da piccole casse di risonanza. In occasione delle naumachie, l’orchestra veniva allargata e trasformata in una grande piscina con l’ausilio di tubazioni di carico e scarico e paratie stagne.

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Tempio di Artemide: considerato il monumento più famoso di Jarash, è caratterizzato dalle raffinate colonne corinzie del peristilio. Alcune di esse, per la particolare costruzione a incastro, hanno lo strano effetto di oscillare impercettibilmente. Il complesso ha subito numerose alterazioni e modifiche nel corso dei secoli.

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MUSEO EGIZIANO DI TORINO – CAPPELLA E STELE DI MAIA E DI SUA MOGLIE ( Antonella Giroldini)

Cappella

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Mattoni di fango intonacati e dipinti

Dimensioni. 185x145x225 cm

Provenienza: Deir el – Medina, Tomba TT 338, Scavi Schiapparelli nel 1905

Stele

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Calcare

Dimensioni: 66,7x42x7,3 cm

Provenienza. Deir el – Medina, Tomba

in seguito collezione Drovetti, 1824

Nuovo Regno, tarda XVIII dinastia

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Durante il Nuovo Regno la tomba era di regola sotterranea e dopo la sepoltura veniva chiusa; i familiari e il clero potevano far defunto nella vicina cappella funeraria di superficie, dove si svolgevano i riti. Nella cappella dedicata a Maia e sua moglie Tamit, Drovetti trovò la loro stele funeraria, che nel 1824 fu portata al Museo Egizio di Torino. Nel registro superiore della stele la coppia è raffigurata con vesti bianche, nell’atto di lodare Osiride e Hathor, mentre nel registro inferiore i coniugi appaiono seduti davanti a una tavola per offerte mentre ricevono le vivande presentate dai loro nove figli, nominati uno per uno; un decimo figlio , più piccolo, è in piedi vicino alla sedia dei genitori. Le dimensioni della cappella delle offerte sono simili a quelle della cappella di KHA, che si fece astutamente scavare la tomba a una certa distanza dalla cappella, per fuorviare i saccheggiatori. La cappella di Maia e Tamit, presumibilmente contemporanei di Kha, è decorata  da pitture articolate in 3 registri, con il corteo funebre protetto da amuleti, il trasporto degli arredi funebri, il viaggio rituale verso Abido. Sulla parte di fondo della cappella, punto focale per l’osservatore, si vedono anche i genitori di Maia; i riti funebri con l’incenso e le libagioni sono officiati da due dei figli fi maia . Fu Ernesto Schiapparelli , nel 1905, a staccare le pitture parietali e a trasferirle a Torino.

 

 

Tangeri (Antonella Giroldini)

Comincia in Spagna, Tangeri… Quando in questa sorta di viaggio si arriva allo stretto, si ha la sensazione di essere sul punto di aprire una porta, chissà dietro che cosa si nasconde, quali voci, che gesti, quanti problemi  per noi dell’Occidente che abbiamo modellato il mondo a nostra immagine e somiglianza.  Cambia la lingua. Qui l’arabo, lo spagnolo e il francese si mescolano, si confondono, raccontano la storia di questi luoghi attraversati da uomini e poteri.

Cambiano i muri, gli edifici. Quelli della Ville Nouvelle sono creature recenti, europee, nemmeno 100 anni di vita, storie di intrighi internazionali, spezzoni di film in bianco e nero. Ma quelli della medina sono altro, indecifrabili, segreti. Cambia soprattutto la nozione del tempo.  Già al porto è peccato mortale avere fretta.

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Grandi monumenti, cose somme da vedere non ce n’è. Un viaggio, però, non è solo attraversare luoghi.

E’ anche una somma di emozioni, di odori, di istruzioni per l’uso di mondi diverso, e questo, se lo vogliamo, entra dentro, scava, lo si riporta a casa, e resta più delle cartoline e delle foto del mosaico dell’anima.

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Così facendo tanti a Tangeri sono rimasti.

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