Comincia in Spagna, Tangeri… Quando in questa sorta di viaggio si arriva allo stretto, si ha la sensazione di essere sul punto di aprire una porta, chissà dietro che cosa si nasconde, quali voci, che gesti, quanti problemi per noi dell’Occidente che abbiamo modellato il mondo a nostra immagine e somiglianza. Cambia la lingua. Qui l’arabo, lo spagnolo e il francese si mescolano, si confondono, raccontano la storia di questi luoghi attraversati da uomini e poteri.
Cambiano i muri, gli edifici. Quelli della Ville Nouvelle sono creature recenti, europee, nemmeno 100 anni di vita, storie di intrighi internazionali, spezzoni di film in bianco e nero. Ma quelli della medina sono altro, indecifrabili, segreti. Cambia soprattutto la nozione del tempo. Già al porto è peccato mortale avere fretta.
Grandi monumenti, cose somme da vedere non ce n’è. Un viaggio, però, non è solo attraversare luoghi.
E’ anche una somma di emozioni, di odori, di istruzioni per l’uso di mondi diverso, e questo, se lo vogliamo, entra dentro, scava, lo si riporta a casa, e resta più delle cartoline e delle foto del mosaico dell’anima.
Così facendo tanti a Tangeri sono rimasti.








